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Lo studio, coordinato dal Prof. Erik Vesselli del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Trieste, si è svolto nel contesto di un’ampia collaborazione internazionale che ha coinvolto due studenti della Laurea Magistrale in Fisica assieme a tre studenti del Corso di Dottorato in Nanotecnologie, i prof. Giorgio Pastore, Maria Peressi e Giovanni Comelli del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trieste, la dr.ssa Martina Dell’Angela del CNR-IOM, il dr. Nicola Seriani dell’ICTP e infine i dr. Matteo Roiaz, dr. Christoph Rameshan e prof. Gunther Rupprechter dell’Istituto di Chimica dei Materiali dell’Università Tecnica di Vienna.Il progetto si inserisce nell’ambito di una recente linea di ricerca avviata con la costruzione di un innovativo sistema per la spettroscopia laser non lineare per cui Erik Vesselli ha ottenuto un finanziamento dedicato dal MIUR. Lo scopo è quello di investigare le proprietà di superfici nanostrutturate “osservando le molecole attive mentre stanno funzionando”. Per questo motivo, le indagini del gruppo del Dipartimento di Fisica hanno già portato recentemente a una serie di pubblicazioni su riviste a elevato impatto scientifico, come ACS Nano e Journal of the American Chemical Society.
Nel lavoro appena pubblicato la strategia adottata è quella che segue un approccio “biomimetico”, consistente nell’imitare la Natura nel tentativo di sintetizzare nuovi materiali funzionalizzati da impiegare come catalizzatori, celle fotovoltaiche, o memorie elettroniche. Lo studio è stato effettuato su un foglio di grafene coperto con uno strato ordinato di molecole organiche bidimensionali con una struttura che ricorda quella del centro reattivo dell’emoglobina che, all’interno dei globuli rossi, si occupa del trasporto di ossigeno. In questo modo è stata realizzata una matrice bidimensionale di singoli atomi di Fe equidistanziati e stabilizzati, distanziati fra loro solo 1,5 miliardesimi di metro. Lavorando alle pressioni parziali di funzionamento di analoghi sistemi biologici, i ricercatori hanno osservato come la luce visibile di un laser verde possa essere impiegata per scrivere dell’informazione sui centri contenenti i singoli atomi di ferro. L’informazione può poi essere “letta” con la luce di un laser infrarosso attraverso le modifiche delle frequenze vibrazionali del sistema indotte dall’eccitazione elettronica. I ricercatori hanno inoltre dimostrato che ogni fotone assorbito può generare due coppie di carica al contrario di quello che accade nelle celle fotovoltaiche classiche dove un fotone può produrre una singola eccitazione, raddoppiando così l’efficienza rispetto ai materiali standard.
In sintesi, il gruppo di ricerca triestino ha proposto un approccio “bottom-up” per la sintesi di nuovi materiali bidimensionali ad elevata funzionalità seguendo una strategia appunto biomimetica e verificando questa idea grazie all’innovativo sistema sperimentale messo a punto per la caratterizzazione delle superfici. Questa linea di ricerca sta portando risultati di estremo interesse per la scienza fondamentale e anche in un’ottica potenzialmente applicativa che prevede l’impiego di materiali nano-ingegnerizzati in molti campi strategici quali per esempio l’elettronica e l’energia. L’attuale lavoro del gruppo si sta concentrando proprio su quest’ultimo aspetto, ovvero sullo studio di nanosistemi efficaci per la sintesi di vettori energetici e per l’abbattimento degli inquinanti, come per esempio per la conversione catalitica dell’anidride carbonica e di altri gas dannosi quali il monossido di carbonio e il monossido di azoto.

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