Nella classifica mondiale dei 20 maggiori esportatori di prodotti hi-tech, l’Italia è al 15° posto con una quota di mercato di poco inferiore al 2%, dietro a player di minori dimensioni come Olanda e Belgio e a forte distanza da Germania, Francia e Gran Bretagna. È quanto emerge dallo studio “La competitività tecnologica dell’Italia a livello globale: una sfida ancora aperta” a cura dell’Osservatorio ENEA sull’Italia nella Competizione Tecnologica Internazionale pubblicato sulla rivista “Energia Ambiente e Innovazione”.

Lo studio evidenzia che nel periodo di riferimento 2000-2016, tutti i principali settori dell’high-tech nazionale hanno perso terreno in termini di quote commerciali: la farmaceutica è scesa dal 6,5% al 4,5%, la chimica fine dal 3,8% al 3,2%, l’aerospazio dal 3,7% al 2,7% mentre l’energia termomeccanica ed elettrica è rimasta stabile al 3,4%. L’unica eccezione positiva è l’automazione industriale che ha registrato un balzo in avanti dal  4,8% al 6,8%.

Il problema sono gli scarsi investimenti nell’innovazione tecnologica del sistema produttivo, che ne condizionano la competitività. “Tuttavia, la sfida non è ancora persa – sottolineano Daniela Palma e Gaetano Coletta, i ricercatori ENEA che hanno curato il report – se verranno attuate politiche in grado di modificare la struttura del sistema produttivo, potenziando la filiera dell’hi-tech”.

A confermare la criticità dello scenario italiano, l’andamento degli scambi commerciali nell’alta tecnologia: nel periodo preso in esame, l’incidenza dei prodotti high-tech sulla domanda di prodotti esteri è risultata in linea con la media UE, mentre sul totale delle esportazioni la quota di prodotti high-tech è nettamente più bassa rispetto a competitor come Germania e Francia. Solo tre settori del comparto high-tech in Italia non hanno registrato un costante deficit commerciale: energia termomeccanica, aerospazio e automazione industriale. Per quest’ultimo, però, si è registrato un netto peggioramento negli ultimi anni. “Un segnale di allarme – notano Palma e Coletta – soprattutto in relazione al nuovo aumento del deficit complessivo dell’alta tecnologia nel biennio 2015-2016”.

Secondo lo studio, un reale miglioramento della posizione competitiva dell’Italia nei mercati dell’high-tech potrà realizzarsi solo attraverso una ricomposizione dell’offerta produttiva, attualmente ancora troppo sbilanciata verso settori di tipo tradizionale, prevedendo interventi che rafforzino la presenza dell’industria nazionale nelle filiere dell’alta tecnologia. “In alternativa – aggiungono Palma e Coletta – il forte ritardo tecnologico accumulato dal nostro Paese nei confronti dei maggiori partner europei è destinato solo ad ampliarsi”.

A livello mondiale, il Report evidenzia un’avanzata significativa della Cina, un consolidamento dell’area asiatica ed anche un forte arretramento degli Stati Uniti, con una quota che nel 2016 arriva a dimezzarsi, attestandosi su valori di poco inferiori al 10%.

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