Si conclude a Roma la campagna “Una vita da social” il progetto della Polizia Postale in partnership con Kaspersky Lab
Si conclude a Roma la sesta edizione della campagna itinerante “Una vita da social”, ideata dalla Polizia Postale in partnership con Kaspersky Lab. Il progetto, nato per sensibilizzare e informare i giovani sui potenziali rischi della rete, ha raggiunto in sei edizioni 250 tra le più importanti città italiane, coinvolgendo migliaia di studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Partito 4 mesi fa da Matera, il tour di “Una vita da social” giunge al termine oggi nella capitale. 250 tappe totali, 50 per l’ultima edizione, 22 delle quali hanno visto la partecipazione di Flavio Negrini, Senior Web Content Analyst presso Kaspersky Lab, al fianco della Polizia Postale, con l’obiettivo di accrescere nei giovani studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado la consapevolezza dei rischi in rete.
“In Kaspersky Lab desideriamo avvicinare le giovani generazioni ai temi della cyber-sicurezza e questa iniziativa ci ha permesso, viaggiando in lungo e in largo per l’Italia, di entrare in contatto in sei edizioni con oltre 1 milione e 700 mila studenti, 180.000 genitori, 100.00 insegnanti per un totale di 15.000 Istituti scolastici, non solo per dispensare consigli su come prevenire alcune minacce che si possono trovare nella rete, ma anche per instaurare un vero e proprio dialogo, stimolando nei ragazzi alcune riflessioni su come utilizzare le nuove tecnologie”, ha commentato Negrini.
I temi più importanti, tra quelli trattati, sono stati senza dubbio quelli relativi al cyberbullismo, al sexting e all’internet addiction. Le nuove generazioni, i cosiddetti nativi digitali, sono molto bravi ad utilizzare i nuovi dispositivi ma spesso non sanno come mettersi al riparo dai rischi. Queste lacune molte volte non vengono colmate neanche dai genitori, che dovrebbero affiancarli nella scoperta della rete, ma spesso non hanno le competenze per farlo nel modo corretto.
“Parlando con i ragazzi mi sono accorto della superficialità e della disinvoltura che hanno quando agiscono in rete, disinvoltura che li porta a fare cose che non farebbero mai nella vita reale, come ad esempio condividere immagini personali intime, il cosiddetto sexting, convinti di essere in qualche modo protetti dietro un display”, prosegue Flavio Negrini.
I giovani spesso vedono il mondo virtuale come uno spazio sicuro e ben distinto dalla vita reale, ma purtroppo non è così e le ripercussioni che il mondo virtuale può avere sulla vita reale possono essere anche molto gravi. Restando in tema di sexting, ad esempio, è possibile vedere le proprie foto intime diffondersi in maniera incontrollata sul web, o nella peggiore delle ipotesi essere vittime di vere e proprie ritorsioni.
“Il sexting è un fenomeno in espansione ed è estremamente pericoloso, dobbiamo far capire ai ragazzi che quando un’immagine o un video vengono condivisi in rete, non sono più sotto il nostro controllo. Anche se ci fidiamo della persona a cui inviamo questi contenuti, i file possono essere salvati in un server da qualche parte nel mondo, pronti ad essere fatti circolare all’insaputa della vittima. Il messaggio che diamo è chiaro: la rete non dimentica”, prosegue Flavio Negrini.
Anche nel caso in cui si utilizzino apposite app che garantirebbero l’eliminazione dei messaggi inviati, non si può mai avere la certezza che il contenuto non venga salvato dal destinatario e ri-condiviso all’insaputa del mittente.
Un altro tema che è emerso durante le tappe della campagna itinerante è la quantità di tempo che i giovani trascorrono utilizzando i dispositivi elettronici senza riuscire a separarsene, spesso neanche durante la notte. Molti di loro non sarebbero disposti a rinunciare al loro smartphone connesso neanche per poche ore, e questo è sintomo di un fenomeno chiamato Internet addiction. Il messaggio che abbiamo cercato di portare avanti è stato, invece, quello di dire che Internet e i dispositivi digitali sono bellissimi strumenti al loro servizio, ma non bisogna abusarne.
“Ai ragazzi presenti agli incontri abbiamo chiesto anche che età hanno iniziato ad utilizzare dispositivi digitali, anche se non loro, e i dati sono piuttosto preoccupanti”, continua Negrini. I ragazzi e bambini cominciano ad essere esposti a contenuti fortemente inadatti per loro già in tenerissima età, come a 2 o 3 anni. Con smartphone o tablet i bambini possono inavvertitamente visualizzare contenuti non adatti alla loro età. Basta, infatti, cliccare involontariamente su un banner pubblicitario, apparentemente innocuo, all’interno di una app per visualizzare contenuti per adulti, oppure imbattresi in un trailer di un film horror inserito come pubblicità durante la visualizzazione di un video su YouTube.
“Kaspersky Lab è molto sensibile alla protezione dei più piccoli e questa iniziativa è stata molto importante per venire in contatto con tanti giovani con cui confrontarsi su questi temi”, ha commentato Alessandra Venneri, Head of Corporate Communications Italy and South East Europe di Kaspersky Lab. “Kaspersky Lab da anni porta avanti il concetto che gli adulti devono affiancare i più piccoli e proteggerli da contenuti non adatti alla loro età. In questo loro compito possono essere aiutati da strumenti di controllo parentale, come ad esempio Kaspersky Safe Kids, che aiutano a prevenire l’accesso ai contenuti inadatti. Kaspersky Lab è una delle poche aziende in questo settore ad avere un team di esperti che si occupano specificatamente della rete italiana e questo ha permesso di raggiungere una qualità del filtro dei contenuti inadatti che non ha eguali, come dimostrato anche in diversi test indipendenti. Kaspersky Safe Kids, oltre a svolgere questa funzione, ha numerose altre funzionalità che permettono di accompagnare i più piccoli alla scoperta della rete in maniera sicura, aiutando i genitori nell’imprescindibile compito educativo a cui sono chiamati”.
“In attesa della prossima edizione di Una vita da social” conclude Alessandra Venneri, “restiamo costantemente impegnati sul fronte della sicurezza dei più piccoli, anche con attività di sensibilizzazione rivolte a professori e genitori”.