Scoperta risposta ultraveloce di fili atomici di carbonio alla luce
È stato pubblicato sul “Journal of the American Chemical Society”, come articolo di copertina, uno studio nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Energia e il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano e il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bologna.
Il team di ricercatori ha fatto una scoperta che getta nuova luce sulle proprietà delle nanostrutture di carbonio a forma di filo, note anche col come di poliine. Questi fili, composti da pochi atomi di carbonio, potrebbero rivoluzionare le applicazioni tecnologiche grazie alle loro straordinarie proprietà meccaniche, termiche ed elettroniche.
Al cuore della ricerca c’è l’indagine su come queste nanostrutture reagiscono alla luce. Sfruttando tecnologie all’avanguardia e impulsi laser ultrabrevi, i ricercatori hanno sintetizzato queste strutture in modo controllato e ne hanno esaminato in dettaglio le proprietà ottiche. Ciò ha permesso loro di rivelare i segreti delle reazioni scatenate dalla luce in queste nanostrutture.
I risultati più sorprendenti emergono dalla velocità dei processi osservati. In particolare, quando colpite dalla luce, queste nanostrutture passano rapidamente da uno stato eccitato a uno stato più stabile, il tutto in un tempo incredibilmente breve, appena 200 milionesimi di miliardesimi di secondo.
Questa scoperta ha implicazioni importanti in ambito tecnologico. Capire come queste nanostrutture reagiscono alla luce potrebbe aprire la strada a nuove applicazioni, come dispositivi elettronici avanzati e tecnologie di conversione dell’energia solare.
“Questo studio getta le basi per nuove opportunità tecnologiche. Comprendere come queste nanostrutture interagiscono con la luce è fondamentale per sfruttarne appieno il potenziale in settori come l’opto-elettronica e le energie rinnovabili”, spiegano Giulio Cerullo e Margherita Zavelani-Rossi, co-autori dell’articolo.
“La ricerca sulle nanostrutture di carbonio è un campo complesso e promettente. Le nostre scoperte rappresentano un passo avanti nella comprensione di queste strutture e delle loro potenziali applicazioni”, aggiunge Carlo Casari, co-autore dell’articolo.