Scienza e tecnologia come motore per la ripresa
La terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia – Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia” è opera di un gruppo di lavoro di diversi Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche: di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile, per gli Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie. Questa Relazione vede la luce dopo due anni di pandemia ed emergenza sanitaria che hanno visto le istituzioni di ricerca del nostro paese in prima fila, sia nel trovare soluzioni adeguate al problema sia nel comunicare le attività e le ricerche disponibili. In questa edizione si avvia inoltre una riflessione sul ruolo attribuito alla R&S dalle misure straordinarie di sostegno alle economie degli Stati membri, promosse in Europa dai governi e dalla Commissione Europea in risposta alla crisi pandemica. Il PNRR sarà in grado di far compiere all’Italia un salto di qualità verso un modello economico sostenibile, trainato dalla ricerca e dall’innovazione? “Il PNRR costituisca un’unica e probabilmente irripetibile occasione: per instaurare il circolo virtuoso tra ricerca e innovazione e sviluppo economico e sociale del Paese; per avviare numerosi progetti di sviluppo scientifico e tecnologico e nuove collaborazioni tra mondo accademico, amministrazione pubblica, enti locali e industria; per una collaborazione tra settore pubblico e privato diretta verso la soluzione delle grandi sfide della società”, conferma Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. “Tali condizioni devono essere mantenute assicurando adeguate risorse ordinarie anche quando le risorse straordinarie del PNRR avranno esaurito il proprio compito”.
In questo processo, il CNR si potrà misurare nelle azioni previste nel PNRR con un apporto duplice: “Da una parte il CNR, con il proprio respiro multidisciplinare, può direttamente svolgere progetti di R&S. Dall’altro può contribuire al disegno e alla gestione di strumenti di finanziamento, mediando tra governo e comunità dei ricercatori, dalle organizzazioni scientifiche e dalle imprese. Il CNR deve sempre più combinare il fare ricerca e l’azione di agenzia, recuperando quel ruolo centrale che ha già svolto in passato, basti pensare ai Progetti Finalizzati, e che già svolge nel coordinamento di molte infrastrutture europee di ricerca”, dichiara la presidente Carrozza.
Il PNRR colloca la politica della ricerca all’interno di una più vasta trasformazione del sistema economico italiano. “La ricerca pubblica intende ricoprire il ruolo di moltiplicatore in grado di attivare investimenti in ricerca privata e innovazione, finalizzati alla creazione di ecosistemi dove le idee si possano trasformare in nuovi prodotti, processi e servizi, al fine di creare posti di lavoro ad elevato valore aggiunto, agganciando i settori produttivi più dinamici nei mercati internazionali”, proseguono i coordinatori della “Relazione”, Daniele Archibugi, Emanuela Reale e Fabrizio Tuzi. “Gli attori pubblici della ricerca devono quindi assumere un ruolo centrale nel disegno definito nel PNRR in quanto operando sulla frontiera della scienza sono in grado di aprire nuove traiettorie tecnologiche. Questi dovranno dunque essere pronti ad affrontare la sfida attraverso l’ampio ventaglio di azioni, interventi e soluzioni previste all’interno del piano e fare in modo che gli investimenti previsti abbiano concrete ricadute sulla collettività e sul sistema socio-economico nazionale”.
La terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia – Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia” è stata presentata oggi presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche, alla presenza tra gli altri del ministro dell’Università e ricerca Maria Cristina Messa. “Anche guardando i dati della Relazione si conferma che come mondo della ricerca dobbiamo superare alcune vecchie logiche” ha commentato il ministro Messa. “Tra queste, l’antitesi fra ricerca di base e applicata: la ricerca deve essere di qualità e finanziata in quanto tale, sia quella guidata da curiosità che quella applicativa, che devono coesistere senza contrapposizioni o trasformarsi l’una nell’altra. Dobbiamo inoltre superare il preconcetto della separazione fra ricerca pubblica e privata, che allontana le imprese con cui gli enti di ricerca hanno sempre attivato collaborazioni, mentre le università hanno conosciuto delle fasi diverse, un gap che va recuperato. L’avere stimolato grandi filiere attraverso i bandi è proprio una risposta in tal senso, senza immettere nuove fondazioni o istituzioni di ricerca, ma facendo rete con quanto di buono c’è già. Dobbiamo capire che se come mondo della ricerca vinciamo questa sfida diventiamo fondamentali per il Paese, perché creiamo spin-off, start up, proof of concept, lavoro, opportunità per i giovani. È questa è la vera sfida che abbiamo davanti”.