Il 25 febbraio 2020 l’Autorità Graante della Concorrenza e del Mercato ha concluso il procedimento A514, accertando che TIM ha posto in essere una strategia anticoncorrenziale preordinata a ostacolare lo sviluppo in senso concorrenziale degli investimenti in infrastrutture di rete a banda ultra-larga.

La competizione nel settore delle TLC, ancor più che in termini di prezzi e tariffe, si manifesta oggi in termini di qualità dei servizi, investimenti e innovazione.

In questa prospettiva l’Autorità ha ritenuto di dover sanzionare le condotte di TIM volte a ritardare nelle aree dove ce ne sarebbe stato più bisogno lo sviluppo della fibra nella sua forma più innovativa, ovvero l’FTTH.

Trattasi delle così dette aree “bianche”, quelle aree cioè dove, in assenza di sussidi, il mercato non giustificherebbe l’infrastrutturazione innovativa.

In particolare le condotte di TIM sono risultate indirizzate a preservare il suo potere di mercato nella fornitura dei servizi di accesso alla rete fissa e dei servizi di telecomunicazioni alla clientela finale.

TIM ha posto ostacoli all’ingresso di altri concorrenti, impedendo sia una trasformazione del mercato secondo condizioni di concorrenza infrastrutturale, sia il regolare confronto competitivo nel mercato dei servizi al dettaglio rivolti alla clientela finale.

L’Autorità ha accertato che TIM ha ostacolato lo svolgimento delle gare, indette nell’ambito della Strategia nazionale banda ultra-larga del Governo, per il sostegno agli investimenti in infrastrutture di rete a banda ultra-larga nelle aree più svantaggiate del territorio nazionale.

In particolare, TIM ha deciso una modifica non profittevole dei piani di copertura di tali aree durante lo svolgimento delle le gare ed ha intrapreso, contestualmente, iniziative legali strumentalmente rivolte a ritardare le medesime.

Tale comportamento appare particolarmente grave in quanto i suddetti ritardi producono i loro effetti in una situazione complessiva che vede il nostro Paese già strutturalmente indietro di ben 18 punti percentuali rispetto alle altre economie europee in termini di copertura della FTTH.

Al momento dell’avvio della strategia anti-competitiva, a fine 2016, solo il 18% circa delle unità immobiliari era coperta da una rete in fibra ottica, un dato al di sotto della media dell’UE, pari al 22%. Un divario che non si è attenuato nei due anni successivi, quando le stesse percentuali di copertura sono passate rispettivamente al 23% per l’Italia e al 29% per l’UE. Più evidente ancora il divario di prestazioni che si registra in termini di tasso di penetrazione tra gli utenti. A dicembre 2016, meno del 3% delle linee fisse a banda larga attive in Italia supportava velocità di download superiori a 100 Mbps, laddove la media UE era già pari al 17%. Gli stessi dati, a fine 2018, erano pari rispettivamente al 18% e al 30%.

TIM ha inoltre operato una rimodulazione della propria offerta di servizi di accesso alla rete in fibra ottica, valida per l’intero territorio nazionale, tesa a prosciugare preventivamente il bacino di domanda contendibile dagli altri operatori, anche attraverso un abbassamento al di sotto del livello di costo dei prezzi di alcuni servizi. Sul mercato dei servizi di telecomunicazioni alla clientela finale, TIM ha immesso in commercio offerte promozionali inclusive di elementi idonei a legare contrattualmente il cliente per una durata temporale eccessiva.

L’Autorità ha deciso di imporre una sanzione pecuniaria di circa 116 milioni di euro, bilanciando la necessità di garantire la necessaria deterrenza rispetto a possibili future condotte con l’esigenza che la sanzione non sia ingiustificatamente afflittiva.

A quest’ultimo proposito, si è tenuto conto, tra l’altro, del comportamento tenuto da TIM nella fase finale dell’istruttoria, atteso che la medesima si è mostrata attenta ad assicurare che le offerte promozionali presentassero delle condizioni economiche complessive replicabili da altri operatori concorrenti.

D’altra parte le evidenze agli atti non hanno consentito di ritenere confermata l’ipotesi istruttoria formulata nel provvedimento di estensione oggettiva, in ordine al profilo per il quale la strategia abusiva sarebbe stata realizzata anche mediante l’utilizzo delle informazioni privilegiate riguardanti la clientela degli operatori alternativi nel mercato retail. 

Gli elementi istruttori raccolti riguardo a tal ultima condotta non hanno permesso, infatti, di ritenere che il fenomeno delle malpractice sia riconducibile nell’ambito del complesso disegno strategico configurato e posto in essere da TIM, mostrando invece una preoccupazione piuttosto forte in TIM rispetto al fenomeno in questione.

Al contempo, non è apparsa imputabile a TIM neppure un’inerzia rispetto al prodursi del fenomeno, considerate le numerose iniziative poste in essere da TIM aventi una finalità di contenimento del rischio di utilizzo strumentale delle informazioni sulle attività di rete.

In considerazione delle gravi difficoltà che sta affrontando il sistema produttivo del nostro paese, derivanti dalla straordinaria emergenza epidemiologica da COVID-19, nonchè dell’importo elevato, l’Autorità ha deciso che la sanzione potrà essere pagata entro il 1° ottobre 2020.

La risposta di TIM non si è fatta attendere e, attraverso un comunicato stampa, ha fatto sapere “TIM prende atto della decisione assunta oggi dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per comportamenti risalenti ad anni fa nei confronti della quale presenterà ricorso alla giustizia amministrativa. Il provvedimento dell’AGCM suscita inoltre perplessità, anche perché le presunte condotte anticompetitive di TIM vengono valutate in maniera del tutto diversa dal Regolatore del settore. Infatti, AGCOM si è in più occasioni occupata dei temi trattati nell’istruttoria, adottando regolamentazioni specifiche su gran parte delle fattispecie oggetto del provvedimento. L’Autorità Antitrust ha comunque valutato positivamente il fatto che TIM ha immediatamente bloccato gli investimenti nelle Aree Bianche, non ha mai commercializzato i propri servizi ultrabroadband e ha rinunciato a tutti i contenziosi in essere sulle gare Infratel coinvolgenti Open Fiber. Inoltre, l’Autorità ha riconosciuto il valore delle importanti iniziative realizzate recentemente da TIM per favorire lo sviluppo della concorrenza, anche infrastrutturale, nel mercato della banda ultralarga: il lancio di un piano per la realizzazione di reti in fibra in 39 città, invitando i concorrenti interessati al coinvestimento, per ridurre costi e tempi di completamento, e l’introduzione di nuove e più convenienti offerte per i concorrenti per la realizzazione di reti proprietarie in fibra.
Si ricorda inoltre che TIM, a fronte dei rilievi mossi dall’AGCM, ha dimostrato con dati di fatto e analisi di terzi indipendenti che le azioni contestate non hanno prodotto alcun effetto distorsivo sul mercato. La principale contestazione oggetto della decisione fa riferimento a un progetto di investimento nelle aree a fallimento di mercato, considerato da AGCM abusivo nei confronti di Open Fiber che, in tali aree, dovrebbe costruire con soldi pubblici un’infrastruttura in fibra che arrivi nelle case, cosa che invece non è avvenuta come anche evidenziato in diverse sedi istituzionali. In conclusione, desta stupore ricevere una sanzione per aver ipotizzato di investire risorse private nell’ammodernamento del Paese per il conseguimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale, pur adeguando puntualmente la propria offerta alle prescrizioni regolamentari. Purtroppo, gli unici danneggiati in questa vicenda sono gli abitanti delle Aree Bianche che ancora non sono collegati alla rete in fibra”.

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