I circuiti ottici “programmabili” sono la nuova frontiera della fotonica integrata. Le loro potenzialità sono state pubblicate dalla prestigiosa rivista “Nature”, in uno studio del Politecnico di Milano insieme alla Stanford University, al Max Planck Institute, al Massachusetts Institute of Technology, all’Universiteit Gent e all’Universitat Politècnica de València.

La fotonica sta avendo una diffusione pervasiva in moltissimi contesti applicativi, ed è ormai necessario avere circuiti ottici “general purpose” programmabili direttamente dall’utilizzatore finale. Questi circuiti rappresentano la versione ottica delle ben note FPGA elettroniche, che si contrappongono ai circuiti specifici realizzati per svolgere una sola funzione. Questa versatilità permette di avere un unico prodotto per tante applicazioni diverse, quindi tempi di ricerca e sviluppo ridotti, sensibile riduzione dei costi e maggiore accessibilità a queste tecnologie.

I circuiti ottici programmabili sono oggetti del tutto generici che possono essere configurati “on-demand” per una particolare finalità. La strategia più utilizzata è quella di predisporre su un chip fotonico delle maglie di piste ottiche interconnesse, i cui nodi possono essere configurati via software e possono essere gestiti attraverso opportuni algoritmi di calibrazione e controllo. In questo modo la luce viene distribuita, reindirizzata e ricombinata in modo tale da svolgere la funzione desiderata molto velocemente e a basso consumo energetico. Se si desidera poi cambiare la funzione svolta dal circuito basta riprogrammarlo, senza doverlo sostituire fisicamente.

“Se da un lato è ancora prematuro pensare a dei dispositivi fotonici così evoluti da operare sulla luce in modo analogo agli attuali processori elettronici, ci siamo avvicinati molto alla possibilità di avere dei co-processori fotonici programmabili, in grado di effettuare l’elaborazione dei dati nel dominio ottico per svolgere classi di operazioni in modo estremamente efficiente”, afferma il prof. Andrea Melloni, responsabile del Photonic Devices Lab del Politecnico di Milano.

“Con lo stesso circuito ottico possiamo scegliere se svolgere operazioni matematiche, implementare sistemi di intelligenza artificiale e apprendimento automatico, realizzare reti di sensori on-chip e sistemi di imaging, manipolare stati quantistici della luce. E la rapida convergenza tra le tecnologie elettroniche e fotoniche porterà presto ad avere tutto questo su uno stesso chip di silicio”, aggiunge il prof. Francesco Morichetti responsabile del progetto Superpixels per il Politecnico di Milano.

La nostra università collabora a questa attività di ricerca con il Photonic Devices Lab presso Polifab, il centro di micro e nanotecnologie dell’ateneo. L’attività è finanziata dal progetto europeo Horizon2020 Superpixels, che mira alla realizzazione di sistemi di sensoristica e imaging di nuova generazione sfruttando la manipolazione su chip di segnali luminosi.  

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