“Sino a tre mesi fa contavamo di presentare un andamento complessivo del mercato digitale italiano sostanzialmente in linea con le previsioni. In crescita del 2,1% per il 2019, e atteso crescere anche di un punto in più nel 2020, a conferma di un moderato progresso nella digitalizzazione di imprese, amministrazioni pubbliche e famiglie.  Poi è arrivata l’emergenza sanitaria a stravolgere tutto, con la prospettiva di un Pil 2020 in calo di un pesantissimo 8-9%. Il mercato dell’ICT nel 2020 limiterà il calo al 3,1% per recuperare nel 2021, per la capacità del digitale di dare ossigeno all’economia nelle fasi più difficili, la sua anticiclicità e la sua vocazione a sostenere una ripartenza che sarò lunga. Sono aspetti che invocano visioni e politiche adeguate per il digitale, e soprattutto concretezza, anche in vista del sostegno dell’Europa.” – Questo il primo commento di Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform, l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’ICT, alla presentazione del rapporto annuale Il Digitale in Italia, realizzato con la collaborazione di NetConsulting cube.

“Il 2019 non va dimenticato. Ci ha consegnato un Paese ancora in ritardo nell’innovazione digitale, ma pur sempre in progresso e con una dotazione di sistemi, reti e servizi che ha permesso di attenuare gli effetti del lockdown – ha continuato Gay.

Nel 2019 il mercato digitale italiano è cresciuto del 2,1% a 71,9 miliardi di euro, proseguendo la crescita, anche se a un tasso leggermente inferiore rispetto all’anno precedente per effetto della pressione sulle tariffe dei servizi di rete. In tutti gli altri comparti la progressione è risultata netta e diffusa: Servizi ICT a 12.302 milioni; Software e Soluzioni ICT a 7.694 milioni; Dispositivi e Sistemi a 19.125 milioni, mentre i Contenuti Digitali e Digital Advertising hanno mantenuto un andamento sostenuto.

Ancora nel 2019, si è confermato il ruolo trainante delle componenti più innovative dette Digital Enabler.  Nell’insieme sono cresciute con tassi a due cifre e hanno visto progredire la loro quota sull’intero mercato digitale al 19,5%  dal 13,4% del 2018.  

“Sono questi i fatti che poi, nei primi mesi del 2020, hanno permesso il lavoro a distanza di milioni di addetti, la continuità delle attività nelle imprese che più hanno investito nel digitale, l’accesso all’informazione, la salvaguardia di servizi pubblici essenziali, dalla sanità sino alla scuola da remoto. Ciò dovrebbe essere all’evidenza di chi, proprio in questi giorni, sta affinando il quadro dei provvedimenti per il rilancio, e invoca la progettualità necessaria ad accedere ai fondi straordinari dell’Unione Europea. Perché il digitale è centrale in una strategia d’intervento che vada oltre il contingente e dia basi solide alla ripartenza, agendo da moltiplicatore. Oggi, non basta accontentarsi della sua maggiore capacità di resistere in un momento difficile, e men che meno di farne il belletto per riveicolare approcci lenti e conservativi – ha aggiunto Gay.

Nel 2020 le dinamiche del mercato digitale passeranno al segno meno ma mostreranno una resilienza maggiore rispetto a quasi tutti gli altri mercati, mentre continueranno a crescere a tassi a due cifre le componenti più innovative, a partire dal Cloud, dalla Cybersecurity, dall’IoT e dalle piattaforme di lavoro collaborative e da remoto. 

“La globalizzazione si è manifestata in tutte le sue componenti, anche di rischio, sollecitando una progettualità-paese che già si imponeva in condizioni di normalità per ricuperare efficienza. La necessitò di assicurare liquidità alle imprese è prioritaria in questi mesi, ed è essenziale che l’erogazione dei crediti recuperi in toto i ritardi; e ancora, che tutti i provvedimenti varati trovino effettiva attuazione. Ma non basta” – ha precisato Gay

“La ripartenza sarà solo un fuoco di paglia fondato sul debito se l’aiuto emergenziale non lascerà progressivamente spazio a una politica di ricostruzione fondata sull’investimento in eccellenze produttive e di servizio, capaci di creare valore. Queste sono le stesse condizioni poste dalla UE per accedere a fondi straordinari che, se approvati in toto, renderanno disponibili al nostro  Paese 172 miliardi di euro, tra prestiti e contributi a fondo perduto, per investimenti. E il digitale è essenziale per questo cambio di passo. Passo che è comunque alla base del recupero della fiducia a investire nelle imprese di tutti i settori e nello stesso comparto ICT; e che è essenziale per dare impulso alla digitalizzazione della PA e della Sanità, accelerare lo sviluppo delle infrastrutture a banda ultralarga fisse e mobili, sostenere le startup innovative e ammodernare l’istruzione, anche per colmare il gap di competenze digitali. Mai come oggi appare strategico e urgente dotarsi di una politica digitale all’altezza dei tempi, e attuarla.”  – ha concluso Gay.

Anitec-Assinform, anche tenendo conto della recente evoluzione legislativa, ha individuato più assi di intervento per una rinnovata politica digitale, sia sul fronte della domanda digitale che dello stesso settore ICT.

Sul fronte della domanda si tratta di dare: alle imprese di tutti i settori la possibilità di non rallentare i processi di trasformazione digitale o di avviarli, rafforzando stabilmente i fondi d’incentivazione e allungando i tempi di crediti di imposta, ammortamenti e scadenze di rimborso dei finanziamenti; alle infrastrutture a banda ultra-larga nuova spinta realizzativa, semplificando gli iter autorizzativi, quindi lanciando i nuovi bandi per le aree grigie e attivando le incentivazioni d’utenza a famiglie, PMI e centri per l’impiego, tutte cose già cofinanziate da fondi UE; alla PA la possibilità di contare su gare di minor complessità e durata, e su risorse e progettualità utili a ricuperare i ritardi di interoperabilità tra Amministrazioni; alla scuola strategie, infrastrutture e competenze specifiche alla didattica a distanza; alla sanità spinta alla digitalizzazione delle in aree chiave, dai grandi database per la prevenzione, alla diffusione in tutte le regioni del Fascicolo Sanitario Elettronico, all’interoperabilità dei sistemi.

Sul fronte dell’offerta, e cioè dello stesso settore ICT, si tratta di: dare stabilità nel tempo agli incentivi alla R&S introdotti più di recente e di concentrarli sugli ambiti a maggiore potenzialità, privilegiando le possibilità di industrializzazione e  identificando poli e atenei su cui far leva; dare attuazione e continuità al rinnovato supporto alle start-up hi-tech – con particolare riferimento al Fondo Innovazione, Fondo centrale di garanzia ad esse riservato, alla  defiscalizzazione chi vi investe – e di  ampliare la detraibilità delle perdite di esercizio iniziali; superare un gap di competenze che interessa migliaia di posizioni e che limita le potenzialità del settore, intervenendo sul sistema formativo attraverso l’aggiornamento dei percorsi di studio, la valutazione delle performance degli atenei, la costante promozione dei percorsi di studio ICT a livello di laurea e Istituti Tecnici Superiori.

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