È stato lanciato il 22 agosto, il veicolo spaziale Soyuz MS14 dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan con a bordo Mini-EUSO, un telescopio per raggi UV sviluppato da una collaborazione internazionale di 16 Paesi, che vede il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino fortemente coinvolto nella sua realizzazione.

Guidato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – INFN, il progetto proviene da un accordo fra l’Agenzia Spaziale Italiana ASI, ente finanziatore, e l’Agenzia Spaziale Russa Roscosmos. Una volta raggiunta la Stazione Spaziale Internazionale il telescopio Mini-EUSO sarà attivato direttamente dall’astronauta italiano Luca Parmitano.

“Mini-EUSO è una delle missioni pilota del programma JEM-EUSO, la cui finalità è quella di osservare dallo spazio i raggi cosmici ad energie estreme”, spiega il Prof. Mario Bertaina, docente del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e coordinatore nazionale del progetto di Grande Rilevanza Italia – Giappone JEM-EUSO, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale. Si tratta di eventi molto rari, il cui rate a Terra è dell’ordine di un evento per kmq per secolo. Sono necessari dunque immensi campi di vista per poter raccogliere un numero di eventi sufficienti a capirne la loro natura ed origine, che si ritiene sia associata ai fenomeni più catastrofici che avvengono nell’universo. L’osservazione dei raggi cosmici avviene mediante la misura della luce di fluorescenza prodotta dagli sciami atmosferici estesi, cioè le cascate di particelle prodotte dall’interazione del raggio cosmico primario con le molecole di atmosfera. Un osservatorio di questo tipo, ha dunque la peculiarità di essere un grande occhio rivolto verso la Terra e quindi sensibile a tutti i fenomeni fisici che avvengono in atmosfera.

Mini-EUSO è un esperimento costituito da due lenti di fresnel di 25 cm e un piano focale di 2.304 pixel, con un campo di vista complessivo di circa 40 gradi, la cui finalità è di provare il principio di osservazione dei raggi cosmici dallo spazio, rivelare meteore, fulmini, bio-luminescenza legata a particolari comportamenti di plancton e alghe, nonché cercare eventi di materia strana, cosiddetti nucleariti. Si propone inoltre di e provare il principio di osservazione dei detriti spaziali e nel frattempo misurare l’intensità delle emissioni terrestri nella banda del vicino UV. Una delle caratteristiche principali dell’apparato è la sua capacità di effettuare osservazioni su diverse scale temporali, da qualche microsecondo in su, in modo da poter studiare in contemporanea i vari fenomeni atmosferici elencati in precedenza, che hanno tempi scala ed estensioni spaziali molto diversi fra di loro. L’ideazione di questa strategia di acquisizione di eventi così diversi e la sua implementazione a livello di elettronica è stata integralmente sviluppata a Torino da una stretta collaborazione tra il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e la Sezione INFN di Torino. Il suo funzionamento è stato testato con successo mediante campagne di misure del modello ingegneristico di Mini-EUSO presso il laboratorio fluidodinamico TurLab del Dipartimento di Fisica, dove sono state riprodotte artificialmente in scala le orbite di Mini-EUSO sulla ISS e l’osservazione di vari fenomeni fisici. A questi sono poi seguiti altri test presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Pino Torinese con l’osservazione della luce di fondo del cielo, di stelle, meteore, luci di città e di un satellite artificiale, che ha permesso di avere dati sperimentali molto utili nell’ottica della rivelazione di detriti.

Il progetto Mini-EUSO sarà infatti un ottimo test di prova per verificare una nuova tecnica di rivelazione e bonifica dei detriti spaziali di alcuni centimetri di dimensioni, che sono difficili da rivelare in altro modo, ma potenzialmente molto pericolosi per i satelliti. Questa tecnica, ideata sviluppata all’Università di Torino in collaborazione con i colleghi del RIKEN e un gruppo di scienziati francesi guidati dal Premio Nobel G. Mourou, prevede l’utilizzo di un telescopio alla JEM-EUSO per rivelare la presenza dei detriti mediante l’albedo di luce solare e lunare, accoppiata ad un potente sistema laser per de-orbitare tali detriti. Mini-EUSO costituirà il primo passo per provare la fattibilità di questa tecnica. Gli studi sulla sensibilità di Mini-EUSO all’osservazione di detriti spaziali sono stati condotti nell’ambito di un progetto dell’Università di Torino finanziato dalla Compagnia di San Paolo e coordinato dalla Prof.ssa Raffaella Bonino, docente del Dipartimento di Fisica, e che vede il coinvolgimento anche di partner industriali aerospaziali della Regione Piemonte. 

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