Nel post-covid 16,4 milioni di italiani muteranno radicalmente le proprie abitudini di acquisto
Sono 16,4 milioni gli italiani convinti che cambieranno in maniera permanente le proprie abitudini di acquisto in seguito all’epidemia di Coronavirus e soprattutto in conseguenza alla percezione del rischio di contagio. È questo quello che emerge dal nuovo report realizzato dalla società di consulenza globale Alvarez&Marsal in collaborazione con Retail Economics e basato su un campione di 6.000 consumatori appartenenti a 6 paesi europei: Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Svizzera.
Secondo il sondaggio nel corso della pandemia i consumatori hanno contratto le proprie spese focalizzandosi sui bisogni essenziali. Gli italiani hanno continuato a spendere solo per il cibo mentre hanno decurtato tutte le altre categorie d’acquisto: giù del 75% vestiti e scarpe, -50% per i mobili, -20% libri e giornali. Hanno resistito solo i consumi di quei prodotti legati al maggior tempo trascorso tra le mura domestiche, come ad esempio elettronica di consumo, pc portatili o attrezzature per la ginnastica in casa. A uscirne enormemente rafforzata la vendita online che aumenterà complessivamente in Europa il suo giro d’affari per quest’anno di 13,6 miliardi di euro e solo in Italia di 1,5 miliardi. Un valore tutt’altro che marginale, anche se confrontato con altri Paesi come l’Inghilterra e Francia, che stando alle proiezioni, sperimenterebbero un aumento rispettivamente di 5 e 3 miliardi di euro. Già, perché l’Italia è uno dei paesi europei, fra i 6 presi in considerazione dalla ricerca, dove la penetrazione dell’online presso i consumatori è più bassa: 6,3% nel 2019 che complice il coronavirus schizza per quest’anno a 8,3%, con un previsionale per il 2021 del 9,5%. Peggio di noi solo la Spagna che stando ai dati a disposizione mostrerà una simile spinta propulsiva, passando da un 5,3% del 2019 a un 7,3% per il 2020 destinato ad assestarsi a un 7,6% per il 2021. Capofila in termini di abitudini dei consumatori all’acquisto online, la Gran Bretagna, che per quest’anno tocca 24%, una percentuale così alta da doppiare la Germania, seconda in classifica con un 13,9% per il 2020. Interessante notare che in Italia gli acquisti online aumentano del 23% ma che queste transazioni non riguardano il settore del food; non aumenta, infatti, neppure di poco la spesa per il cibo sui canali digitali.
L’indirizzo verso un mutamento radicale delle abitudini di consumo, unito alla velocità di spostamento sui canali digitali, particolarmente sostenuta per paesi come Italia e Spagna, suggerisce la necessità di un cambiamento profondo per gli store fisici che dovranno riorganizzare il loro business model. “La nuova normalità per i retailer sarà caratterizzata da una mutazione strutturale – dice Alberto Franzone, managing director di Alvarez&Marsal – i negozi dovranno essere capaci di intercettare i nuovi bisogni dei consumatori e riempire quei vuoti lasciati liberi dalla trasformazione”.
Ciò è particolarmente vero per i gruppi di consumatori più giovani che apprezzano molto l’esperienza fisica in negozio, utilizzato per scoprire prodotti di nicchia e poi condividerli sui social. I retailers di successo dovranno reinventerare il percorso del cliente e far leva sulle nuove tecnologie, come la realtà aumentata, per migliorare l’esperienza complessiva in modi nuovi e inaspettati.
Per i consumatori più anziani che ancora apprezzano l’interazione interpersonale durante lo shopping, un’esperienza più impersonale potrebbe rivelarsi più problematica. Un ulteriore elemento che potrebbe alimentare ulteriormente il passaggio agli acquisti online.
Secondo Alvarez&Marsal dopo una prima fase votata alla “sopravvivenza” durante la quale molti rivenditori di beni non essenziali hanno dovuto rallentare o chiudere, oggi i retailer dovranno rivedere i propri modelli operativi rafforzando la presenza digitale tramite lo sviluppo dei propri ecommerce o rafforzando la presenza sui marketplace, migliorando la logistica e la copertura dell’ultimo miglio, utilizzando in maniera strategica strumenti quali i data analytics, coniugando la customer experience con il CRM, e usando i nuovi strumenti dell’intelligenza artificiale.
“Questa – prosegue Franzone – è la stagione delle partnership strategiche nelle quali catene tradizionali si alleano con nuovi players digitali per soddisfare bisogni che le misure anti-coronavirus e il superamento della pandemia avranno fatto crescere nei consumatori”
L’orientamento verso un persistente cambiamento delle abitudini di consumo degli italiani appare ancora più interessante se letto in combinazione con il sentiment che gli abitanti del nostro Paese hanno avuto nei confronti della guida che il governo ha esercitato nel momento dell’emergenza e in rapporto alle preoccupazioni che la crisi ha suscitato in loro. Benché l’Italia sia uno dei Paesi europei, fra i 6 presi in esame, insieme a Germania e Svizzera che ha maggiormente apprezzato la reazione della propria classe politica è anche uno dei paesi che si mostrato più preoccupato per l’esito che la crisi potrebbe avere sulle finanze personali, oltre che sul mercato immobiliare, sul lavoro, sull’economia del paese e su quella globale. “A fronte di questo quadro di pessimismo generalizzato, usciranno dalla crisi gli operatori che sapranno cogliere in modo innovativo il processo di trasformazione del commercio tradizionale post coronavirus, intercettando comportamenti d’acquisto nuovi in un paradigma settoriale in evoluzione. In logica darwiniana, sopravviveranno solo i retailers capaci di cambiare” chiosa Franzone