Dopo un periodo di studio preliminare di cinque anni, inizia a concretizzarsi la missione Ariel, selezionata nel 2018 e oggi ufficialmente “adottata” dallo Space Programme Committee dell’Agenzia spaziale europea. Nei prossimi mesi, l’Esa inviterà le aziende del settore a presentare proposte per la realizzazione del veicolo spaziale, con l’assegnazione del contratto industriale attesa per la prossima estate.
Dedicata allo studio delle atmosfere di pianeti in orbita intorno a stelle diverse dal Sole, Ariel osserverà un campione variegato di esopianeti nelle frequenze della luce visibile e dell’infrarosso. Sarà la prima missione spaziale a realizzare un “censimento” della composizione chimica delle atmosfere planetarie, fornendo indizi fondamentali per comprendere i meccanismi di formazione ed evoluzione dei pianeti al di là del Sistema solare, inquadrare a pieno il ruolo del nostro sistema planetario nel contesto cosmico, e affrontare i complessi quesiti riguardanti l’origine della vita nell’universo.
La missione Ariel è stata sviluppata da un consorzio che vede la partecipazione di oltre cinquanta istituti di 17 nazioni europee, nonché un contributo esterno della Nasa, coordinato da Giovanna Tinetti dello University College di Londra. L’Italia, con il sostegno e il coordinamento dell’Agenzia spaziale italiana, è tra i principali contributori ed esprime due co-principal investigators, Giusi Micela dell’Inaf di Palermo e Giuseppe Malaguti dell’Inaf di Bologna, supportati da un team che include numerosi altri scienziati e strutture dell’Inaf. A questa squadra si aggiungono l’Università di Firenze, dove si trova Emanuele Pace, project manager nazionale della missione, l’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr di Padova e l’Università Sapienza di Roma.
«L’adozione della missione Ariel da parte di Esa è il risultato del grande lavoro della comunità scientifica internazionale a cui l’Italia ha dato un contributo importante. In particolare, Ariel sta dando a tanti giovani ricercatori l’opportunità di inserirsi in un progetto internazionale di grande respiro, rimanendo in Italia e crescendo scientificamente», spiega Micela. «I dati di Ariel consentiranno per la prima volta alla comunità scientifica mondiale di studiare in profondità la natura fisica di non meno di mille esopianeti e la composizione chimica delle loro atmosfere: una rivoluzione per la comprensione dell’universo in generale e per la formazione ed evoluzione dei sistemi planetari in particolare», aggiunge Malaguti.
«Ariel è la terza missione dell’Esa, dopo Cheops e Plato, dedicata allo studio dei pianeti extra-solari e garantirà», sottolinea Barbara Negri, capo Unità osservazione ed esplorazione universo di Asi, «il consolidamento della leadership europea nell’ambito di questa nuova tematica scientifica. L’Italia ha un eccellente background scientifico e industriale in questo campo, derivato dalla partecipazione alle missioni Cheops e Plato. La partecipazione alla missione Ariel permetterà alla comunità scientifica e all’industria nazionale di valorizzare ulteriormente le conoscenze e le capacità acquisite».
L’occhio di Ariel, un telescopio con uno specchio ellittico di un metro di diametro per raccogliere la luce visibile e infrarossa proveniente dai lontani sistemi planetari, sarà realizzato in Italia, così come l’elettronica di bordo. Scomponendo la luce in tutti i suoi “colori” mediante gli spettrometri di bordo sarà possibile identificare gli elementi chimici presenti nelle atmosfere degli esopianeti osservati durante il loro passaggio, o transito, davanti o dietro la stella ospite.
Della serie di satelliti Esa per lo studio dei pianeti extrasolari, ciascuno dei quali si occupa di un aspetto specifico in questo campo di ricerca in fase di grande crescita, Cheops è stato lanciato alla fine del 2019 e ha da poco ottenuto i primi risultati scientifici. Seguiranno Plato nel 2026 e Ariel nel 2029.
Ariel sarà lanciato con un razzo Ariane 6 dalla base Esa di Kourou, nella Guyana francese, e messo in orbita intorno al punto di Lagrange 2, un punto di equilibrio gravitazionale a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, nella direzione opposta a quella del Sole. Da questa posizione, il telescopio avrà una visione chiara di tutto il cielo per scrutare in dettaglio esopianeti già scoperti da altri osservatori. Lo stesso lancio porterà nello spazio anche Comet Interceptor, un’altra missione Esa che studierà da vicino, per la prima volta, una cometa primordiale.