La collaborazione scientifica dell’Osservatorio Pierre Auger ha misurato, con una precisione mai ottenuta prima, lo spettro in energia dei raggi cosmici di altissima energia. Si tratta di nuclei atomici che colpiscono la Terra, molto raramente, e che vengono prodotti in sorgenti extragalattiche sino a energie estreme, pari a 100 miliardi di miliardi di elettronvolt. Per avere un’idea di quanto queste energie siano grandi, si pensi che per raggiungerle si dovrebbe costruire un acceleratore di particelle con un anello lungo quanto l’orbita di Mercurio.
Grazie all’altissima precisione della misura, la Collaborazione Auger ha riportato la prima osservazione di un repentino cambio di pendenza a circa 13 miliardi di miliardi di elettronvolt nella curva che descrive l’andamento dello spettro in funzione dell’energia. Questo risultato è particolarmente importante e fornisce un’ulteriore evidenza del fatto che la composizione chimica dei raggi cosmici possa variare con l’energia.
“Le misure ottenute dalla Collaborazione Auger suggeriscono che i raggi cosmici di altissima energia possano essere prodotti in sorgenti astrofisiche come i Nuclei Galattici Attivi e le Galassie StarBurst” sottolinea Antonella Castellina, ricercatrice INFN e INAF, co-spokesperson dell’esperimento. Per raggiungere questo risultato, l’apporto della comunità scientifica italiana è stato cruciale. Infatti, come evidenzia Valerio Verzi, responsabile nazionale per l’INFN dell’esperimento Auger “I gruppi italiani, guidati dall’INFN, hanno contribuito in modo sostanziale a tutto il lungo processo che ha portato alla pubblicazione di questi importanti risultati. Dalla costruzione del rivelatore, alla presa dati durata circa 15 anni, all’analisi dei dati”.
Il risultato, che ha portato alla pubblicazione di due articoli sulle riviste scientifiche Physical Review Letters e Physical Review D, selezionati negli Highlights dell’American Physical Society, è stato ottenuto grazie alla rivelazione di oltre 215.000 sciami atmosferici di raggi cosmici di altissima energia osservati in circa 15 anni di presa dati del rivelatore di superficie dell’Osservatorio che occupa una superficie di 3.000 chilometri quadrati nella regione della Pampa Amarilla in Argentina.
“La misura presentata dalla collaborazione è unica sia per la precisione statistica sia per l’ottimo controllo delle incertezze sistematiche” aggiunge Verzi. “In particolare, grazie alle misure fornite dai telescopi di fluorescenza, si ottiene una stima calorimetrica dell’energia degli sciami che quindi non necessita di modellizzazioni teoriche difficilmente verificabili ad energie non raggiungibili in laboratorio”.
L’Osservatorio Pierre Auger L’Osservatorio si estende su una superficie di circa 3000 chilometri quadrati ed è situato su un altopiano in prossimità della cittadina di Malargüe nella provincia di Mendoza, in Argentina, in una regione denominata Pampa Amarilla. È costituito da un sistema ibrido che comprende rivelatori di superficie e telescopi di fluorescenza. I primi, 1600 tank di acqua posti a 1,5 chilometri l’una dall’altra, osservano lo sciame dei raggi cosmici quando colpisce la superficie terrestre, rivelando e contando le particelle prodotte al livello del suolo. I 27 telescopi distribuiti intorno alla griglia di rivelatori di superficie raccolgono, invece, i lampi di luce di fluorescenza prodotti nell’aria dalle particelle cariche dello sciame, osservandone così lo sviluppo longitudinale lungo la direzione di provenienza.
L’Osservatorio è gestito da una collaborazione internazionale di oltre 400 scienziati provenienti da 17 Paesi diversi, a cui l’Italia partecipa con gruppi delle Università e sezioni INFN di Catania, Lecce, Milano, Napoli, Roma Tor Vergata, Torino, l’Università dell’Aquila, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, il GSSI e l’Osservatorio Astrofisico di Torino dell’INAF.
Nel prossimo futuro, grazie anche al contributo INFN, le prestazioni del rivelatore saranno ulteriormente migliorate a seguito del potenziamento, attualmente in corso, dei rivelatori di superficie. Ciò consentirà di ottenere informazioni ancora più precise sui raggi cosmici di altissima energia, e quindi contribuire alla comprensione dei meccanismi che regolano le sorgenti astrofisiche che, attraverso fenomeni ancora poco conosciuti, riescono a portare questa radiazione ad energie così elevate.