Otto settimane di quarantena hanno provocato contraccolpi inevitabili sulle abitudini di spesa degli italiani generando una prima e una seconda fase dove alcuni comportamenti ritornano e altri cambiano. La prima reazione è stata quella degli assediati da bunker. Gli italiani, venuti a sapere che il Covid19 era presente nel Paese, sono corsi al supermercato per fare delle vere e proprie scorte da assedio. Tra il 24 febbraio e il 15 marzo infatti le vendite totali del sistema Coop Italia hanno registrato un +14,6%. Col passare del tempo però, quando è divenuto chiaro che la quarantena si sarebbe prolungata e che soprattutto gli approvvigionamenti sarebbero rimasti costanti, la spesa si è fatta moderata e la crescita delle vendite si è attestata nel totale delle 8 settimane al +5,6%. A sostenere le vendite il food confezionato mentre i freschi e i freschissimi, partiti a doppia cifra,perdono nel passaggio dalla prima alla seconda fase parte della loro forza d’urto e si assestano a fine periodo con un +6,9%. Ma è soprattutto a guardare bene dentro i carrelli e nelle case degli italiani che ci si accorge dei cambiamenti in atto tra conferme e novità.
Non è più una novità tutto ciò che è parte integrante del kit contro il virus. Amuchina e simili hanno totalizzato nei due mesi di vendite crescite in media del +377%, le salviettine disinfettate +616% e i termometri e i disinfettanti per superfici intorno al +200%. Se non bastasse il numero assoluto per rendersi conto dell’incredibile ascesa di questi prodotti basti dire che solo per i termometri si tratta di un aumento nelle vendite di 12 volte superiore alla media. La mania di pulizia, la ricerca dell’igieneè passata anche per rimedi non ortodossi, come l’alcol etilico alimentare che nonostante il suo prezzo elevato ha registrato nelle 8 settimane crescite del +97%, quasi non si badi a spese pur di sanificare la casa e se stessi. Ma il vero boom lo registrano le mascherine. Già nelle prime tre settimane raggiungevano crescite del +337%, con i nuovi approvvigionamenti poi, e l’avvicinarsi della fase 2, dal 16 marzo al 19 aprile hanno raggiunto picchi di crescita nelle vendite di +1616%. Dal bunker all’aperitivo digital–Scorte di conserve di verdure, pasta, riso e olio hanno fatto schizzare le vendite di questi generi nelle prime 3 settimane rispettivamente a +65%, +53%, +48% e +35%. Un’attitudine alle scorte e alla lunga conservazione che ha riportato nei carrelli beni di solito poco usati e di lontana memoria come le conserve di carne +62% e le minestre liofilizzate +37%. Placata l’ansia, è iniziata la discesa a precipizio di pasta, riso, latte uht, biscotti ela cucina è divenutauno dei molti modi per passare il tempo: gli italiani sono diventati tutti più o meno pizzaioli, pasticceri e panettieri. Nel totale delle otto settimane la vendita di lievito di birra è cresciuta in media del 149% e quella della mozzarella per pizza del 109%. Uova, burro, farina nel passaggio dalla prima alla seconda fase del lockdown sono ancora in testa al gradimento degli italiani; ad oggi le uova e il burro registrano nel totale dei due mesi crescite del +44% e +46% ma le prime sono addirittura aumentate da marzo a aprile, stessa sorte è toccata al burro. La farina è passata dal +114% delle prime tre settimane al +174% delle successive 5 per attestarsi a una crescita media nell’intero periodo del +152%. All’inverso, dal 16 marzo al 19 aprile, le vendite del pane sono calate del -30%, forse anche perché quasi un italiano su due ha paura di comprare cibo che poi non può cuocere. E nelle ultime settimane con un vero e proprio salto in avanti rispetto alla prima fase crescono a due cifre le vendite diaperitivi e birra, e tornano a crescere anche le creme spalmabili con +37,4%. Calano invece sin dall’inizio della quarantena le bevande e tutti gli integratori per sportivi.
Il distanziamento sociale ha provocato inoltre un paio di reazioni degne di nota. Ne hanno molto beneficiato le colorazioni per capelli, passate dal +25% delle prime tre settimane al +164% del periodo tra il dal 16 marzo e il 19 aprile. Hanno invece pagato un prezzo salato le vendite di preservativi che nell’ultima fase del lockdown scendono di un -37%.