Il 40,3% degli italiani preferirebbe investire in un’azienda o in fondi di investimento guidati da donne. E il 39,9% sceglierebbe un consulente finanziario donna. Spicca il fatto che tra le donne le quote che optano per la preferenza di genere per decidere in cosa investire o per il consulente a cui dare fiducia sono prossime a quelle dei maschi. Quando si tratta di soldi, vince un sano pragmatismo. Che la diversity conti in finanza lo dicono forte e chiaro anche i consulenti finanziari, tra i quali il 76,4% ha una clientela molto diversificata per genere, età, istruzione, disponibilità economica. Il 95% di loro ritiene che la diversity conti molto più che in passato, motivo per cui l’86% pensa che ci sia bisogno di una formazione ad hoc per affrontare meglio e gestire la diversity. Questi sono alcuni dei risultati del Rapporto «Il valore della diversità nelle scelte d’investimento prima e dopo il Covid-19» realizzato dal Censis in collaborazione con Assogestioni, associazione italiana del risparmio gestito.

Il 67,8% degli italiani ha paura per la situazione economica familiare. Una paura radicata nei territori e trasversale ai diversi gruppi sociali. La percentuale sale al 72% tra i millennial e le donne, sfiora il 75% nel Sud, supera il 76% tra gli imprenditori e arriva all’82,6% tra le persone con i redditi più bassi. Nella fase post-emergenza, la biopaura da contagio e la minaccia alla salute si saldano ai timori per le incerte prospettive economiche. La paura diventa così il principio regolatore emotivo di questa nuova stagione.

L’epidemia del Covid-19, oltre ad aver diffuso la paura, ha generato una grande incertezza economica ed esistenziale. Lo pensa il 49,7% degli italiani. L’unica certezza è che «tutto può succedere». La fine della storia ha lasciato il posto alle infinite storie possibili. La possibilità che un evento inedito e inatteso possa cambiare in un attimo la vita delle persone fa esplodere un senso acuto di vulnerabilità. In questo contesto, sul piano economico per gli italiani ora serve una grande cautela, soprattutto nella gestione dei propri soldi. Lo pensa il 39,7% dei risparmiatori.

Il 38,9% degli italiani ha incrementato il proprio risparmio nel periodo del lockdown. La percentuale sale al 49,1% tra i risparmiatori abituali. Del resto, nel periodo della quarantena sono stati 28 milioni i percettori di reddito le cui entrate non sono state intaccate, pari al 71,2% del totale. Il risparmio forzoso è nato da continuità nelle retribuzioni e tagli nei consumi. Come si vorrebbe investire questa liquidità aggiuntiva? Sui titoli di Stato ci si divide: il 43,7% degli italiani li comprerebbe, il 51,3% no, il 5% è incerto. Più propensi ad acquistarli i residenti del Nord-Ovest, le persone con redditi elevati, i dirigenti e i quadri, mentre i più scettici sono gli operai e i residenti del Sud. Vince il timore per un debito pubblico che nel lungo periodo può generare rischi anche per i propri risparmi. Buona la propensione all’acquisto di strumenti finanziari Esg, basati su criteri di investimento responsabile: il 52,3% degli italiani si dice interessato a investirvi. Una voglia di sostenibilità che oggi si lega al tema della tutela e promozione della salute, balzato in cima alle priorità delle persone con l’emergenza sanitaria. 

La liquidità nei portafogli delle famiglie italiane è aumentata di 34,4 miliardi di euro nei tre mesi più neri dell’epidemia: una cifra quasi uguale al valore del Mes per l’Italia di cui oggi tanto si discute. Sono risorse che si aggiungono ai 121 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva accumulata negli ultimi tre anni, prima dell’esplosione dell’epidemia: una cifra pari a nove volte le risorse del Piano Marshall destinate al nostro Paese per la ricostruzione del dopoguerra rapportate ai valori attuali. Paura, incertezza e cautela fanno decollare ancora il cash cautelativo, da tempo in crescita, come strumento familiare di autotutela. Se il trend proseguirà allo stesso ritmo del triennio trascorso, nel 2023 ci saranno altri 135 miliardi di liquidità aggiuntiva per le famiglie. Per il prossimo futuro il 34,1% degli italiani considera la liquidità lo strumento principale per la propria protezione, insieme all’ampliamento del sistema di welfare pubblico e all’acquisto di strumenti assicurativi, mutualistici, integrativi.

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