I consumi delle famiglie italiane sono in ripresa a partire dal secondo trimestre del 2021. Tuttavia, la spesa totale per consumi oggi è ancora di 8,4 punti percentuali al di sotto dei valori del 2019. Nei servizi, dove il crollo legato alla crisi è stato più accentuato, alla fine di giugno il recupero rispetto al 2019 era incompleto per ben 14,1 punti percentuali. È prevedibile che il recupero proseguirà nei prossimi mesi, ma è difficile al momento immaginarne la forza. Negli anni pre-Covid la percentuale di famiglie ottimiste sul loro futuro è sempre stata molto superiore rispetto alla percentuale dei nuclei ottimisti sul destino del Paese. Nel 2019 i primi erano il 42,2% e i secondi il 21,5%. Nel 2021 i due dati viaggiano appaiati, rispettivamente al 37,8% e al 35,6%. Le prospettive personali e nazionali si congiungono in quanto dipendono dalla campagna vaccinale e dal successo del Pnrr.
Nell’ultimo decennio la stagnazione del Pil e la crescita di una occupazione non qualificata hanno evidenziato le difficoltà nel generare ricchezza valorizzando il fattore lavoro. In Italia è progressivamente calata la produttività oraria. In questo contesto, le opinioni degli italiani convergono sull’utilità dello smart working: il 53% si dice parzialmente d’accordo e il 23,9% d’accordo sul fatto che la sua adozione possa aumentare la produttività aziendale. Il 49,6% vede in questo passaggio uno stimolo a profondere un maggiore impegno nel proprio lavoro, il 30,1% dei lavoratori dichiara che si trova già, di fatto, in questo tipo di situazione, e solo il 20,3% lo considera del tutto ininfluente rispetto al proprio impegno.
Nel 2020 la produzione agricola nazionale è risultata in calo del 3,3%, con una contrazione del valore aggiunto del 6,1%, e l’industria alimentare ha presentato una contrazione del 2,5% rispetto al 2019, invertendo bruscamente il percorso di crescita consolidato negli ultimi anni. Tuttavia, la produzione industriale nel complesso è crollata dell’11,4%. In termini di valore aggiunto, il settore dell’agroindustria era cresciuto del 10,9% in termini reali tra il 2010 e il 2020, mentre nell’ultimo anno ha perso l’1,8%. Il suo peso percentuale sul manifatturiero è cresciuto ancora, raggiungendo il 12,7%. La solidità della complessa filiera del food ha retto alla prova della pandemia e già nella prima metà del 2021 tutti gli indicatori la segnalano come protagonista sui mercati esteri.
Nelle 270 pagine del Pnrr la parola transizione compare 133 volte, accompagnata dalle più disparate specificazioni. Al di là della pletora di aggettivi, due sono i concetti che si sono affermati di recente: la transizione ecologica e la transizione digitale. La consapevolezza della necessità di cambiare è ancora parziale: la maggior parte degli italiani ritiene che nel 2050 l’energia continuerà a dipendere prevalentemente dalle fonti fossili. Gli italiani che conoscono i contenuti del Pnrr sono meno del 20%, mentre quasi il 40% ne conosce al massimo il nome.
Le spese per l’energia in famiglie in difficoltà economica o con situazioni abitative non adeguate possono arrivare a incidere in maniera significativa sul budget familiare. Nel 2018 le famiglie italiane che si trovano al di sotto della soglia di povertà impiegavano mediamente il 17,8% del proprio reddito per il pagamento delle bollette e delle altre spese di casa. Questa quota scende a meno della metà per le famiglie al di sopra della soglia di povertà. All’aumentare del reddito, diminuisce significativamente il peso della casa sul reddito familiare e sono proprio i nuclei con maggiori fragilità a subire il contraccolpo peggiore di un aumento dei prezzi dell’energia.
La transizione verso lo smart working non riguarda solo la produttività e i rapporti di lavoro, ma coinvolge spazi e beni di uso privato e collettivo all’interno delle città. Il 37,8% degli italiani dichiara di avere riscoperto il proprio quartiere e gli esercizi di prossimità. Il telelavoro favorisce il ribilanciamento tra i luoghi urbani: si svuotano i grandi quartieri impiegatizi e si ripopolano le periferie. E favorisce il rimescolamento delle persone nei luoghi o alla competizione delle città e dei territori per attrarre i lavoratori digitali che operano da remoto. Senza trascurare la rivincita delle seconde case: oggi l’11,1% degli italiani è tornato a utilizzare immobili prima trascurati.
L’emergenza sanitaria ha avviato un nuovo ciclo dell’occupazione. Il 36,4% degli italiani ritiene che la crisi si sia tradotta in una maggiore precarietà. Il secondo effetto è l’esperienza del lavoro da casa e la possibilità di conciliare le esigenze personali con quelle professionali: lo pensa il 30,2% degli italiani. Cresce l’aspettativa nel futuro, soprattutto per il 27,8% della popolazione che considera le risorse europee e il Pnrr elementi in grado di garantire occupazione e sicurezza economica per i lavoratori e le famiglie.