È la tecnologia, con i Pc e i prodotti audiovisivi e multimediali, ma soprattutto i telefoni, a segnare un vero e proprio boom nei consumi degli italiani negli ultimi 30 anni: i primi, con un aumento della spesa pro capite in termini reali del 786%, i secondi con un incremento addirittura del 5.339%; in forte crescita, all’interno del comparto del tempo libero, anche i servizi ricreativi e culturali; in calo i pasti in casa, mobili ed elettrodomestici e il consumo di elettricità e gas, anche in virtù della riduzione degli sprechi e delle politiche di risparmio energetico; per quanto riguarda i consumi complessivi, nel 2022 la spesa delle famiglie è ancora inferiore ai livelli del 2019 e nel 2024 non saranno recuperati i livelli di picco del 2007; il 2023, tuttavia, si può definire come l’anno del ritorno alla normalità grazie soprattutto al consistente contributo della filiera turistica che, rispetto all’anno scorso, registra aumenti consistenti per viaggi, vacanze e alberghi, servizi ricreativi e culturali, bar e ristoranti. In attesa della ripresa della manifattura esportatrice, sono questi i pilastri del terziario di mercato da cui può derivare una maggiore crescita economica auspicabilmente sostenuta anche da riforme e investimenti del PNRR.
Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui consumi delle famiglie italiane tra il 1995 e il 2023.
Una rappresentazione sintetica dell’andamento dei consumi nel lungo periodo è fornita dalla tabella 1. Un andamento deludente che è conseguenza della scarsa crescita aggregata sperimentata dall’Italia negli ultimi trent’anni.
I dati sintetici di lungo periodo evidenziano chiaramente come nel 2022 la spesa pro capite reale non sia ancora tornata ai livelli del 2019. Tale recupero si completerebbe nella media dell’anno in corso. Tuttavia, nel 2024 non si sarebbero ancora recuperati i livelli del picco del 2007: oltre duecento euro di spesa a testa in meno.
Questo è il principale e incontrovertibile indizio di una patologia da scarsa crescita strutturale. La speranza di invertire la tendenza con le riforme e gli investimenti del PNRR è flebile.
Analizzando i consumi per grandi funzioni spesa nel medio-lungo termine, si valutano facilmente i grandi attrattori delle preferenze dei consumatori, fenomeno che resta, talvolta sotto traccia, anche durante e dopo la pandemia.
Rispetto al 1995 la spesa per l’equipaggiamento telefonico in termini reali, cioè al netto della variazione dei prezzi, è cresciuta del cinquemilatrecento e rotti per cento. Cioè per ogni euro speso in questa categoria nel 1995 oggi se ne spendono oltre 54, a parità di potere d’acquisto.
Cresce tutto ciò che è tecnologia, come gli elettrodomestici cosiddetti bruni e i personal computer che fanno parte della multimedialità e dell’audiovisivo, dove contribuiscono alla creazione dei palinsesti per lo svago fruito in casa. Prova ne sia che l’acquisto di servizi ricreativi e culturali prodotti altrove è cresciuto “solo” del 93% nello stesso periodo.
Al di là della tecnologia resta poco altro in termini di crescite spettacolari. E non potrebbe essere diversamente, vista la complessiva stagnazione dei consumi nel lungo periodo di cui siamo ben consapevoli. Fenomeno, questo, testimoniato, per esempio, dalla dinamica di vestiario e calzature, una volta categoria centrale nella spesa degli italiani e oggi ancora ai livelli di quasi trent’anni fa.
Ed è altrettanto interessante la dinamica della spesa per l’elettricità e il gas. Le politiche di risparmio energetico funzionano e gli sprechi si riducono. Cioè si riduce la quantità, ovvero la spesa in termini reali. Per l’energia e, in generale, le spese per l’abitazione, purtroppo vale quanto discusso di recente a proposito delle spese obbligate: la crescita dei prezzi unitari di questi beni (sono classificati come tali, non invece servizi) ne ha sviluppato la quota di spesa, generando una inevitabile compressione dei consumi liberi e, quindi, del benessere economico che le famiglie ritraggono dalla spesa per consumi.
Dalle ultime righe della tabella 2 si nota la sostanziale stazionarietà della spesa per alimentazione, ove si abbia l’accortezza di sommare alimentazione in casa e fuori casa. Naturalmente, le due componenti hanno trend radicalmente diversi, e questo vale anche al netto dell’approssimazione introdotta dall’utilizzo della popolazione residente e non di quella teoricamente sottostante la spesa sul territorio.
Mentre il fuori casa è sospinto dalla tendenza a sviluppare benessere individuale attraverso la fruizione di servizi legati al tempo libero, l’alimentazione in casa è compressa anche dalle tendenze demografiche. Una popolazione più anziana richiede, strutturalmente, meno contributi alimentari di base e più contenuto di servizio. Sta alle imprese rispondere con successo a queste ineludibili sfide.
Come visto, sebbene in crescita, i consumi non torneranno alla fine del 2023 ai livelli del 2019 e resteranno lontani dal picco del 2007, anche nella media del 2024.
Salvo tempo libero, tecnologia e viaggi e alberghi, nessuna macro-funzione riesce a tornare, nel 2023, ai livelli di spesa pro capite del 2019. In termini reali, elettricità, gas e altri combustibili, mobili ed elettrodomestici e alimentari consumati in casa mostrano spese reali inferiori a quasi trent’anni prima.
Nel complesso, tuttavia, l’anno in corso si presenta per molti aspetti come il vero ritorno alla normalità. Il contributo del turismo è ben visibile: dai servizi ricreativi e culturali agli alberghi e ai viaggi, fino ai consumi fuori casa presso i pubblici esercizi. Sono questi i pilastri della potenziale crescita economica, generata, appunto, dal terziario di mercato, in attesa di una ripresa della manifattura esportatrice.