I cambiamenti climatici minacciano la sicurezza di edifici e infrastrutture in Europa
Anche gli edifici e le infrastrutture devono adattarsi al clima che cambia. Adeguarne gli standard di progettazione rappresenta uno strumento chiave per migliorare la resilienza del territorio europeo e per garantire la sicurezza delle costruzioni, che saranno sottoposte nel prossimo futuro ai cambiamenti attesi nelle variabili atmosferiche e ad una maggiore frequenza e intensità del verificarsi di eventi estremi.
Nel 2017 il Joint Research Centre, il servizio scientifico interno della Commissione Europea, ha istituito lo scientific network on adaptation of structural design to climate change. Un network di esperti, di cui la Fondazione CMCC fa parte, dedicato a studiare come gli strumenti a disposizione della ricerca possano aiutare i decisori a tenere conto dei cambiamenti climatici attesi nella definizione degli aggiornamenti degli Eurocodici, gli standard che regolano le costruzioni a livello europeo.
Il ruolo dell’aumento atteso della temperatura in Europa nei prossimi decenni risulta centrale in due nuovi report pubblicati dal network, focalizzati l’uno sulla definizione delle azioni termiche sulle strutture, e l’altro sulla loro corrosione nel contesto di un clima che cambia.
Anomalia della temperatura media per le stagioni DJF e JJA nello scenario di concentrazione RCP4.5 e RCP8.5; 2056-2085 vs 1971-2000. Elaborazioni realizzate tramite DATACLIME.
Nel loro contributo a queste pubblicazioni, i ricercatori della divisione REMHI – Regional Models and geo-Hydrological Impacts – della Fondazione CMCC hanno analizzato le variazioni di temperatura e altre variabili atmosferiche attese nei prossimi 50 anni, periodo che rappresenta, generalmente, la durata di vita utile di una struttura costruita oggi. Le analisi hanno sfruttato i risultati delle proiezioni incluse nell’ensemble EURO-CORDEX.
Il primo studio, utilizzando come scenario di riferimento il più pessimistico (RCP8.5), ovvero quello che prevede per il futuro una crescita delle emissioni di gas serra ai ritmi attuali, ha approfondito il caso studio dell’Italia, rilevando sull’intero territorio nazionale un incremento consistente della temperatura al 2070. “Avendo come riferimento i livelli massimi e minimi di temperatura che ci si aspetta possano verificarsi almeno una volta in 50 anni, abbiamo riscontrato un aumento consistente sia nella temperatura massima – in alcune zone d’Italia anche di 6 °C – che in quella minima – con variazioni fino agli 8 °C nelle catene montane”, spiega Guido Rianna, ricercatore CMCC tra gli autori dello studio. “Se l’aumento della temperatura minima può rappresentare un effetto secondario per gli edifici, che si troveranno ad essere sottoposti a temperature meno rigide di quelle attuali e quindi a meno stress, l’incremento della temperatura massima attesa potrebbe invece comportare la necessità di una revisione degli standard di costruzione per garantire la sicurezza delle opere, come nel caso delle dilatazioni termiche a cui sono soggetti i manufatti lineari come ponti e viadotti”.
La seconda pubblicazione include i risultati di uno studio, condotto stavolta su scala europea, sulla variazione della temperatura e dell’umidità relativa al 2070 per comprendere in che misura queste variabili atmosferiche possano incidere in futuro sulla corrosione degli edifici. Temperatura e umidità relativa, aumentando, hanno infatti la capacità di accelerare il processo di corrosione delle strutture in acciaio o delle barre d’acciaio presenti all’interno del cemento armato, minandone l’azione di resistenza e quindi mettendo a repentaglio la sicurezza degli edifici. “Le simulazioni ci dicono che la temperatura nei prossimi 50 anni è destinata ad aumentare in maniera significativa in tutta Europa, seppur con differenze regionali”, continua Rianna. “L’entità di tale incremento varia dai 3 ai 5 gradi in media, e dipende dagli interventi di mitigazione dei cambiamenti climatici che saranno adottati”. Anche in questo caso può rendersi necessaria una revisione degli Eurocodici, spiegano gli autori, affinchè i prossimi standard tengano conto dell’accelerazione del processo di corrosione nelle costruzioni indotta dai cambiamenti climatici e prevedano accorgimenti per limitarla. Le variazioni di umidità relativa, emerge dallo studio, non sono invece significative, a indicare che il vero motore del processo di corrosione delle strutture su scala Europea sarà rappresentato dall’aumento di temperatura, più che dall’umidità.
“Questi studi fanno pare di una serie di ricerche mirate a supportare la definizione e revisione degli standard di costruzione europei più adatti al mondo del futuro”, afferma Paola Mercogliano, direttrice della divisione REMHI della Fondazione CMCC. “Dopo aver analizzato, in passato, l’azione del manto nevoso e, in questi recenti studi, l’azione termica, il prossimo passo sarà studiare l’azione del vento. Il nostro obiettivo finale è quello di supportare decisori politici e costruttori con servizi e informazioni che possano permettere l’aggiornamento degli attuali standard di costruzione considerando le diverse azioni atmosferiche e le diverse tipologie costruttive e permettendo l’implementazione di efficaci politiche e azioni di adattamento”.