I materiali che utilizziamo nella vita di tutti i giorni hanno una struttura tridimensionale.
Nel 2004 è stato realizzato per la prima volta un solido bidimensionale, il grafene, isolando un singolo strato di atomi di carbonio. La scoperta ha aperto la strada alla realizzazione di una larga classe di materiali cristallini bidimensionali, le cui proprietà fisiche differiscono drasticamente da quelle dei materiali tridimensionali. Più recentemente è stato osservato come, unendo singoli strati 2D di una coppia di diversi materiali, sia possibile combinare le proprietà uniche e complementari dei costituenti di base, permettendo la realizzazione di dispositivi innovativi nel campo della fotonica e dell’elettronica.
Una delle soluzioni di maggior impatto applicativo per questa famiglia di solidi, dette “eterostrutture”, è stata ottenuta combinando il grafene con alcuni semiconduttori bidimensionali. La loro implementazione permette di realizzare rivelatori di luce che, grazie all’elevatissima mobilità elettronica del grafene e all’ottima capacità di assorbimento del semiconduttore, sono estremamente più rapidi ed efficienti delle tecnologie attualmente utilizzate.
Il meccanismo fisico alla base della conversione e del trasferimento della luce catturata dal semiconduttore in un segnale elettrico nel grafene, sebbene sia cruciale per una progettazione ottimale di questi rivelatori di luce, è tutt’ora oggetto di un acceso dibattito.
Oggi il team di ricerca Femtoscopy diretto da Tullio Scopigno del Dipartimento di Fisica della Sapienza, in collaborazione con l’Istituto di fisica e chimica dei materiali di Strasburgo e l’Istituto italiano di tecnologia che partecipa grazie al supporto del progetto Europeo Graphene Flagship, è giunto a risultati fondamentali per la comprensione dei processi microscopici alla base dei dispositivi che interagiscono con la luce e convertono i segnali elettrici in segnali ottici e viceversa.
Lo studio, pubblicato sulla rivista “PNAS”, ha stabilito innanzitutto che il trasferimento di energia tra i due materiali avviene in un tempo rapidissimo, quantificato in pochi picosecondi.
Inoltre i ricercatori, monitorando la temperatura degli elettroni del grafene, hanno descritto i meccanismi dello scambio energetico tra i due materiali durante questa piccolissima frazione di secondo.
Inizialmente si riteneva che la conversione della luce assorbita dal semiconduttore in una corrente elettrica nel grafene richiedesse un trasferimento di carica netta positiva o negativa.
L’esperimento ha dimostrato che l’energia luminosa assorbita dal semiconduttore viene convertita in agitazione termica delle cariche elettriche nel grafene. In particolare, nei primissimi istanti successivi all’assorbimento della luce da parte del semiconduttore, ciò che viene trasferito al grafene è un pacchetto di energia associato a un eccitone neutro e non una carica netta. È l’intero eccitone a essere trasferito al grafene e non un singolo frammento carico come si pensava inizialmente.
“Questi risultati sono stati possibili grazie a un’innovativa tecnica spettroscopica – spiega Tullio Scopigno – che impiega coppie impulsi di luce ultracorti della durata di un picosecondo. Il primo impulso deposita energia nel materiale semiconduttore, mentre il secondo, misurando la temperatura degli elettroni nel grafene, permette di sondare il trasferimento di energia e/o carica attraverso i due materiali”.
Comprendere come avvengono gli scambi di energia tra il grafene e gli altri materiali bidimensionali rappresenta un passo chiave per implementare dispositivi opto-elettronici all’avanguardia e dal design razionale, come celle solari, LED, touchscreen e photodetectors.