Fotovoltaico: tecnologie rivoluzionarie grazie a impulsi laser ultra-veloci
Lo studio pubblicato su «Energy & Environmental Materials» dal titolo “Pulsed Laser Annealed Ga Hyperdoped Poly-Si/SiOx Passivating Contacts for High-Efficiency Monocrystalline Si Solar Cells” dai ricercatori dell’Università di Padova e del National Renewable Energy Laboratory mostra che sottoponendo il silicio a brevissimi shock termici indotti da impulsi laser è possibile realizzare una nuova tecnologia per la fabbricazione di celle fotovoltaiche ad alta efficienza. Grazie al laser si riesce a liquefare e ricristallizzare la superficie del silicio in tempi rapidissimi, dell’ordine di pochi miliardesimi di secondo, ottenendo materiali innovativi in grado di raccogliere la corrente fotovoltaica in maniera più efficiente.
L’attuale profonda crisi climatica ed energetica rende ora più che mai lo sviluppo e la diffusione di fonti energetiche rinnovabili a basso costo un obiettivo cruciale a livello globale. Tra le varie possibilità, il fotovoltaico rappresenta certamente una delle tecnologie più promettenti per garantirci un futuro sostenibile. L’energia solare è infatti una fonte pulita, rinnovabile e inesauribile: è possibile trasformarla in energia elettrica in modo diretto tramite celle fotovoltaiche, una tecnologia relativamente semplice e che ben si presta ad un impiego capillare e distribuito nel territorio.
Le celle fotovoltaiche in commercio sono costituite di silicio, il secondo elemento per abbondanza presente sulla terra, il più importante semiconduttore, e si basano sulla capacità del materiale di assorbire la luce e convertirla in cariche elettriche. Le celle separano le cariche negative da quelle positive e le estraggono dal silicio attraverso opportuni contatti posti sulle superfici, generando una corrente elettrica che possiamo poi sfruttare nella vita di tutti i giorni ad esempio per alimentare elettrodomestici, cellulari,
auto elettriche e altro. L’efficienza della cella è quindi determinata principalmente dalla capacità di trasformare la luce solare in cariche elettriche, di separarle e di raccoglierle.
Una metodologia estremante promettente, chiamata TOPCon, si basa sull’inserimento ad una certa profondità sotto la superficie del silicio di un sottilissimo strato di ossido di silicio, con uno spessore di circa un nanometro, pari a un miliardesimo di metro. Questo strato di ossido di silicio favorisce, grazie ad un fenomeno quantistico noto come effetto tunnel, la separazione delle cariche e la loro successiva raccolta. Non solo, con esso si spera di riuscire entro pochi anni ad aumentare ulteriormente l’efficienza delle celle fotovoltaiche e, al tempo stesso, limitarne i costi di produzione. Tuttavia, affinché lo strato di silicio che si trova sopra l’ossido riesca a raccogliere efficacemente le cariche e trasferirle ai contatti elettrici è necessario “drogarlo”, ovvero introdurre, mediante processi di diffusione ad alta temperatura, una certa quantità di atomi, detti appunto ‘droganti’, in grado di modificare opportunamente le proprietà del silicio.
Ebbene, prima della collaborazione tra Università di Padova e NREL, nessuna delle metodologie note era in grado di drogare efficacemente il silicio senza danneggiare l’ossido, rendendo quindi difficile lo sviluppo e l’implementazione della tecnologia TOPCon.
«La soluzione che abbiamo trovato assieme a NREL – spiega il professor Enrico Napolitani del Dipartimento di Fisica ed Astronomia dell’Università̀ di Padova – utilizza impulsi laser ultra-veloci della durata di una decina di nanosecondi, cioè dell’ordine dei centomilionesimi di secondo – disponibili nel nostro nuovo laboratorio di Laser Processing finanziato dall’Università di Padova – per applicare degli shock termici alla superficie del silicio. Il riscaldamento è tale da indurre un drogaggio di qualità eccellente ma il processo è così veloce che l’ossido di silicio, localizzato più in profondità, si scalda poco e rimane assolutamente intatto».
I fenomeni fisici coinvolti sono abbastanza complessi. Si utilizza luce ultravioletta, che viene assorbita entro pochissimi nanometri sotto la superficie. Essa induce un riscaldamento estremamente localizzato che si mantiene confinato grazie alla brevissima durata degli impulsi, in sostanza il calore non ha il
tempo di diffondersi. Inoltre, gli impulsi hanno una energia così elevata da liquefare gli strati più superficiali del silicio che, alla fine dell’impulso, ricristallizzano.
In realtà il cuore del processo è proprio questa transizione di fase solido-liquido-solido indotta dal laser denominata Pulsed Laser Melting, che nel laboratorio padovano si riesce a controllare a livello nanometrico. Grazie a essa il drogante, inizialmente posto sopra la superficie del silicio, si redistribuisce molto velocemente all’interno della fase liquida.
Successivamente la ricristallizzazione avviene in modo talmente rapido da “congelare” il drogante
incorporandolo nella fase solida cristallina a concentrazioni elevatissime, ben superiori alle solubilità
solide di equilibrio. In questo modo si conseguono due risultati con una sola azione: da un lato si
confina il drogaggio e il riscaldamento mantenendo l’ossido sottostante intatto, dall’altro si droga a concentrazioni molto superiori – rispetto a quanto ottenuto in precedenza con altre tecniche – con notevoli effetti benefici sul funzionamento della cella fotovoltaica.
«È una metodologia che applichiamo con successo in molti ambiti per sintetizzare nuovi materiali: dalla nanoelettronica, alla fotonica, alla fotocatalisi, ai rivelatori per le alte energie – conclude Napolitani – ma non l’avevamo mai applicata al fotovoltaico solare. I risultati sono molto incoraggianti e in futuro, nel gruppo di Fisica dei Semiconduttori del nostro Dipartimento, approfondiremo ulteriormente i nostri studi, anche grazie alla nostra partecipazione al Partenariato Esteso NEST – “Network 4 Energy Sustainable Transition”, recentemente finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del PNRR».