EY stima per l’Italia una crescita del PIL reale dello 0,7% nel 2024 e dell’1,2% nel 2025 e una riduzione del tasso di inflazione dal 5,6% nel 2023 all’1,9% nel 2024 e 1,8% nel 2025. È quanto emerge dalla sesta edizione dell’EY Italian Macroeconomic Bulletin, analisi trimestrale che fornisce previsioni a medio termine per l’economia italiana.
“Lo scenario economico internazionale è in ripresa ma continua a presentare elementi di incertezza rilevanti: dai delicati equilibri geopolitici alle conseguenti difficoltà sulle catene di fornitura globali, passando per l’indeterminato ritmo di normalizzazione delle politiche monetarie delle maggiori banche centrali. Ne conseguono segnali contrastanti provenienti dalle principali economie mondiali: infatti, se da un lato i principali indicatori economici di Regno Unito e Germania lasciano presagire un limitato dinamismo, dall’altro l’economia americana, in clima elettorale, conferma i segnali di un buono stato di salute. In questo contesto l’Italia evidenzia una riduzione del tasso di inflazione, come nel resto dell’Eurozona, lasciando presagire un prossimo allentamento della politica monetaria. La crescita del monte salari reali negli ultimi trimestri si traduce in una leggera ripresa del potere di acquisto delle famiglie, ma l’elevato costo del denaro e il clima di incertezza si concretizzerà nel 2024 in un andamento fiacco degli investimenti privati. Resta quindi fondamentale un uso efficace delle risorse del PNRR per sostenere la domanda nel breve termine e affinché possa avere un impatto nel medio-lungo periodo sul PIL potenziale, ha commentato Mario Rocco, Partner EY, Valuation, Modelling and Economics Leader.
Dopo la crescita congiunturale registrato a dicembre, l’indice della produzione industriale ha mostrato una contrazione dell’1,2% a gennaio 2024. Le industrie energivore come l’industria dei prodotti chimici, la metallurgia e l’industria della fornitura di energia, sono tra le più penalizzate dall’attuale situazione economica, soprattutto a causa dell’elevato prezzo dei beni energetici. L’andamento in calo dell’attività industriale in Italia è confermato anche dal minor consumo di energia registrato negli ultimi mesi, come evidenziato dall’indice IMICEI. Numerose sono le ragioni di queste prestazioni non positive: l’aumento del costo dell’energia, la debolezza dei principali partner commerciali come la Germania e le pressioni sulle catene di fornitura vissute negli ultimi anni.
Ulteriori criticità sono rappresentate dal maggiore costo del denaro, con un impatto negativo sulla domanda di beni e servizi da parte delle famiglie.
Nel mese di gennaio la variazione dell’indice dei prezzi al consumo ha registrato una leggera inversione rispetto all’andamento descritto nei mesi precedenti. L’inflazione ha infatti registrato un valore pari a 0,8%, superiore rispetto allo 0,6% di dicembre 2023, ma in ogni caso inferiore rispetto al target di stabilità dei prezzi. La crescita del monte salari in termini reali negli ultimi trimestri si traduce in una leggera ripresa del potere di acquisto delle famiglie, perso a causa dell’elevato tasso di inflazione negli ultimi anni, sostenendo così in parte i consumi. Allo stesso tempo, tuttavia, il risparmio accumulato durante il periodo della pandemia, che ha supportato in parte i consumi nei trimestri precedenti, è in via di esaurimento, riducendo così il suo contributo positivo.In un contesto di elevati tassi di interesse che ancora scoraggiano consumi ed investimenti privati, le previsioni di EY evidenziano quanto l’impiego dei fondi del PNRR risulti decisivo per la crescita dell’Italia anche nel breve-medio periodo. Infatti, due simulazioni effettuate su possibili scenari di un impiego parziale dei fondi del PNRR evidenziano che: con un’implementazione del piano al 70% della stima delle risorse programmate per il 2024 e 90% al 2025, il PIL registrerebbe una crescita dello 0,3% nel 2024 ed una crescita dell’1% nel 2025. Ciò si tradurrebbe in una crescita cumulata al 2025 minore di 0,6 punti percentuali rispetto allo scenario base; con un’implementazione del piano al 50% per il 2024 e 70% per il 2025, l’economia italiana sperimenterebbe una crescita nulla nel 2024 e dello 0,8% nel 2025. Ciò si tradurrebbe in una crescita cumulata al 2025 minore di 1 punto percentuale rispetto alla baseline.
A partire dal 2023, la bilancia commerciale italiana ha registrato valori positivi. Il surplus è principalmente dovuto ad un miglioramento delle esportazioni nette verso i paesi extra-Unione Europea, mentre rimane una situazione di sostanziale parità nei confronti delle controparti europee. L’Unione Europea rimane il principale mercato commerciale dell’Italia, con circa il 50-55% degli scambi che avvengono all’interno dell’area.
Il complesso quadro geopolitico degli ultimi anni si è tradotto in un parziale cambiamento delle traiettorie commerciali italiane: nel periodo precedente la pandemia il commercio di beni italiano è stato indirizzato sempre più verso l’America e l’Europa a scapito della Russia, dell’Asia e dell’Africa. Nello specifico, il commercio di beni con l’America è aumentato di circa 2 punti percentuali sul totale del paniere del commercio, mentre quello verso l’Europa è aumentato di circa 1,6 punti percentuali; il periodo della pandemia ha rappresentato un momento di cambiamento, anche se non di proporzioni importanti, riducendo da un lato il commercio di beni con l’America, dall’altro aumentando i flussi commerciali con l’Europa e l’Oceania; tra il 2022-2023, a seguito delle complicazioni lungo le catene di fornitura legate alla crisi pandemica, a cui si sono aggiunte successivamente le tensioni geopolitiche e altri recenti sviluppi geopolitici globali, il commercio di beni italiano si è spostato ancor di più verso Paesi limitrofi o “amici”: la quota degli scambi con l’America è cresciuta di circa 1 punto percentuale, a scapito di una riduzione del commercio nei confronti della Russia e in parte dell’Europa e dell’Asia Orientale. Anche la quota del commercio con L’Africa settentrionale è cresciuta nel periodo post-pandemico. In particolare, tra il 2022 e il 2023, i prodotti dell’industria dei metalli di base e produzione chimica hanno rappresentato una quota sempre minore sul totale del commercio di beni. Si registra inoltre una riduzione importante della quota dei beni dell’estrazione commerciati con la Russia.
“Se da un lato i flussi commerciali dell’Italia dal 2010 si sono concentrati sempre più in Europa e in America, dall’altro gli ultimi anni hanno visto un maggiore livello di integrazione e complicazione delle catene di fornitura del commercio italiano, in relazione alla provenienza dei beni importati. le catene di fornitura per l’Italia sono diventate più complesse ed interconnesse, con sempre più beni in entrata ed in uscita che superano più di una frontiera prima di arrivare nel mercato finale di riferimento. Questo potrebbe tradursi in una maggiore esposizione del commercio italiano a rischi collegati alle problematiche lungo le catene di fornitura globali”, ha concluso Mario Rocco.