In Brasile e in altri Paesi si utilizza mediamente molta acqua per mettere in funzione sistemi di abbattimento delle emissioni di particolato, chiamati “wet scrubbers”. In questi dispositivi si “polverizza” acqua in una colonna per inglobare le particelle nelle goccioline d’acqua. Questo sistema è utilizzato soprattutto per abbattere le emissioni provenienti da generatori di vapore alimentati con bagassa, ovvero i residui della lavorazione industriale della canna da zucchero. Il vapore e l’energia ottenuti per mezzo della combustione della bagassa sono necessari al funzionamento degli impianti per la produzione di zucchero e alcool. Tuttavia le torri di lavaggio producono fanghi che contengono sostanze nocive e per questo devono subire un trattamento specifico, senza essere smaltiti tali e quali.
Esistono anche tecnologie a secco, che dunque non richiedono l’uso di acqua, oggi molto più preziosa di un tempo, e che garantiscono comunque il controllo delle emissioni. I problemi di queste tecniche innovative sono rappresentati dai costi di investimento iniziali e, molto spesso, dalle abitudini consolidate che non vengono messe in discussione, specialmente perché la maggior parte dei produttori di zucchero e alcol sono restii alle innovazioni.
In un articolo di recente pubblicazione sulla rivista “Springer Nature Content Sharing Initiative”, nella sezione “Clean Technologies and Environmental Policy”, il professor Paolo Tronville – docente di Fisica Tecnica Ambientale del Dipartimento Energia “Galileo Ferraris” al Politecnico di Torino, insieme al professor Murilo Innocentini – docente di Ingegneria Chimica presso l’Università di Ribeirão Preto – parte dal caso studio dell’industria della canna da zucchero brasiliana per illustrare i problemi ambientali ed economici del sistema basato sui “wet scrubbers”, fornendo indicatori di prestazioni aggiornati e alternative per l’ottimizzazione di un sistema di pulizia dei fumi allo scopo di promuovere una gestione più razionale dell’acqua pulita e delle acque reflue, con un potenziale risparmio per il settore della canna da zucchero.
Nell’articolo si dimostra come l’uso di torri di lavaggio possa comportare perdite significative di acqua ed energia, così come alti costi operativi per le stazioni di trattamento delle acque reflue.
Come caso studio è stato scelto appunto quello del Brasile, in quanto maggiore produttore mondiale di canna da zucchero, partendo dai dati di un tipico impianto di produzione di etanolo e zucchero nel paese sudamericano. Gli indicatori chiave delle prestazioni di un generatore di vapore e delle torri di lavaggio sono stati valutati in modo sperimentale nel corso di una stagione di raccolta della canna da zucchero e sono stati confrontati con i requisiti legali di emissioni di particolato e di qualità dell’acqua in Brasile. I risultati evidenziano l’inefficienza del sistema ad acqua, che ha utilizzato solo il 30% dell’acqua per far funzionale la torre di lavaggio e il 70% per trasportare il materiale particellare secco raccolto nel condotto di scarico del generatore di vapore, negli scambiatori di calore e nel sistema di separazione con multiciclone.
L’evaporazione ha causato la perdita in atmosfera del 10,5% dell’acqua di lavaggio. Infine, il trasporto del materiale particellare umido così raccolto per lo smaltimento nei campi comporta costi significativi di carburante, oltre alle notevoli perdite di acqua. L’inefficienza è anche economica: il funzionamento della stazione di trattamento delle acque reflue ha rappresentato il 62% della spesa totale di capitale del sistema di pulizia, mentre la torre di lavaggio ha rappresentato solo il 38%.
Come detto, in Brasile e altrove per decenni i “wet scrubbers” sono stati utilizzati per controllare il particolato emesso dai generatori di vapore. Questa scelta era giustificata dalle loro prestazioni accettabili nel soddisfare gli standard ambientali, dall’abbondanza di risorse idriche e dal fatto che il loro funzionamento era più semplice e meno costoso di altre operazioni di pulizia a secco. Tuttavia, il progressivo inasprimento dei limiti di emissione di materiale particellare, così come la necessità di una gestione più razionale dell’acqua e delle acque reflue in queste applicazioni, ha cambiato questi presupposti. Nonostante la vasta letteratura tecnica sui “wet scrubber”, la mancanza di indicatori aggiornati sulle loro prestazioni nella industria della canna da zucchero ha finora impedito la loro ottimizzazione.
In tutti i casi in cui esistono processi produttivi che generano correnti gassose calde che necessitano di essere depurate da materiale particellare, l’analisi dell’articolo può essere utile allo scopo di dimostrare che l’uso di torri di lavaggio causa una perdita di energia e di acqua che può essere ovviato con l’adozione di sistemi a secco.
“Grazie ai risultati ottenuti con questo studio – commenta il professor Paolo Tronville – ci auguriamo di potere presto installare in Brasile un impianto pilota che possa concretamente dimostrare come è possibile coniugare un minore impatto ambientale e costo di esercizio pur mantenendo il controllo delle emissioni”.
“La partnership tra POLITO e UNAERP è stata essenziale per dimostrare che la gestione dell’acqua utilizzata per la pulizia dei fumi prodotti da generatori di vapore alimentati a bagassa è ancora trascurata e antieconomica in gran parte degli impianti che producono zucchero ed etanolo. In questo modo si sciupano energia termica e acqua, entrambe risorse preziose al giorno d’oggi – sottolinea il professor Murilo Innocentini – Gli stessi problemi possono verificarsi in tutti i generatori di vapore alimentati a biomassa dove si usa acqua per controllare le emissioni di particolato e limitare l’impatto ambientale. La nostra partnership propone alternative per l’implementazione e l’ottimizzazione di tecnologie di pulizia dei fumi a secco per aiutare le industrie a rispettare i limiti delle emissioni di PM ma con risparmi nel processo. La nostra intenzione è stabilire una partnership con le industrie interessate a tale ottimizzazione, per esempio, attraverso la costruzione di un impianto pilota per mettere alla prova i collettori a secco, o anche il ridimensionamento dei loro scrubber a umido affinché diventino più economici ed ecologici. Ingegneri e studenti di POLITO e UNAERP sono i benvenuti a bordo per affrontare questa sfida”