Congiuntura Confcommercio: scenario complesso e incerto
Agli sporadici segnali positivi sul versante della produzione si contrappongo le difficoltà delle famiglie a proseguire nel percorso di recupero dei consumi, ancora distanti dai livelli del 2019. A soffrire è soprattutto la domanda di beni, dato sottolineato dal ripiegamento a gennaio della fiducia degli operatori del commercio al dettaglio. Inoltre, il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche appare ancora limitato e non contiene granché l’erosione del potere d’acquisto di redditi correnti e ricchezza liquida, solo in parte compensata dall’importante intervento pubblico. Tutto questo alimenta le aspettative di un nuovo piccolo ripiegamento della crescita nei primi mesi dell’anno in corso.
A dicembre, dopo un trimestre in negativo, la produzione industriale ha mostrato un incremento dell’1,6% su novembre. Stando alle opinioni degli imprenditori, le prospettive a breve rimangono comunque incerte, seppure connotate da elementi meno sfavorevoli rispetto ai mesi autunnali. Il mercato del lavoro ha mostrato, a dicembre, un modesto miglioramento con una lieve crescita degli occupati. A gennaio i consumi, espressi nella metrica dell’ICC, hanno registrato un moderato miglioramento nel confronto annuo con il ritorno a valori positivi. Questa stima va letta con molta cautela perché a gennaio del 2022 si registrò la peggiore ondata di Covid-19, in termine di contagi, con la conseguente limitazione di molte attività commerciali e della mobilità.
Al suddetto miglioramento tendenziale ha contribuito esclusivamente la domanda relativa ai servizi, in aumento del 9% sullo scorso anno, mente per i beni si conferma la tendenza alla riduzione dei volumi acquistati. All’interno di questo aggregato, piccoli segnali di recupero si rilevano per l’abbigliamento e l’auto motive. Permangono le difficoltà per l’alimentazione domestica, il settore dei mobili e gli elettrodomestici.
In linea con una situazione che, pur meno negativa rispetto alle attese, presenta molteplici segnali di rallentamento, a febbraio il PIL, secondo le nostre stime, dovrebbe registrare una riduzione dello 0,4% congiunturale e una crescita dello 0,6% nel confronto annuo. Pur in presenza di un rimbalzo nel mese di marzo, il primo trimestre si chiuderebbe con una moderata riduzione, confermando l’ipotesi di una contenuta recessione a cavallo del 2022-2023.
Il processo di rientro dell’inflazione, seppure appare ormai avviato con la discesa, a gennaio, al 10,1% dall’11,6% di dicembre, è ancora caratterizzato da molti elementi di incertezza. Le tensioni ancora presenti nel sistema, sottolineate da un’inflazione di fondo in crescita anche a gennaio, rendono difficile immaginare il ritorno verso dinamiche più in linea con gli obiettivi della politica monetaria prima dell’ultimo trimestre dell’anno. Secondo le nostre stime, nel mese di febbraio i prezzi al consumo dovrebbero registrare un incremento dello 0,3% su gennaio, portando il tasso di variazione tendenziale al 9,4%.
La minor dinamicità dei consumi e le incertezze che gravano sul versante produttivo consolidano le attese di un primo bimestre debolmente negativo. A febbraio 2023, secondo le nostre stime, il PIL è atteso ridursi dello 0,4% in termini congiunturali, con una crescita dello 0,6% sullo stesso mese del 2022. In presenza di un rimbalzo solo esiguo nel mese di marzo, il primo trimestre si chiuderebbe con una moderata flessione congiunturale, confermando la “recessione tecnica”.
A gennaio 2023 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio ha evidenziato un incremento dell’1,0% sullo stesso mese del 2022. Il dato è sintesi di un aumento della domanda per i servizi e di una flessione di quella relativa ai beni. L’andamento dell’ultimo mese è peraltro influenzato dal confronto con un periodo in cui vi fu un’impennata di casi di Covid-19, in presenza di regole ancora stringenti, con una conseguente diminuzione delle attività produttive e della mobilità delle persone.
Nonostante i recuperi, la domanda, calcolata nella metrica dell’ICC, è ancora distante dai livelli pre-pandemia. Nel confronto con gennaio 2019 l’ICC risulta inferiore del 10,7%. Per i servizi il calo è del 21,7%, confermando come il percorso per il ritorno ai livelli pre crisi sia lungo e non si concluderà, in molti casi, prima del 2024.
Anche a gennaio 2023 le componenti più dinamiche della domanda sono state quelle relative alla fruizione di servizi per il tempo libero. Nonostante le positive performance dell’ultimo anno i livelli di consumo permangono distanti da quelli del 2019. Va sottolineato come i servizi siano la grandezza che più ha risentito degli effetti delle diverse ondate pandemiche. Questo fatto induce a leggere con cautela il dato tendenziale dell’ultimo mese, che in molti casi sottintende un rallentamento o una riduzione in termini congiunturali.
Relativamente ai beni, il dato di gennaio consolida la tendenza generalizzata al ridimensionamento della domanda, fase iniziata nella seconda parte del 2022. Dati positivi si rilevano solo per le autovetture vendute a privati, l’abbigliamento e le calzature e i carburanti. Si conferma in riduzione anche a gennaio la domanda di mobili, di elettrodomestici e per gli alimentari. Per quest’ultimo segmento, ormai da mesi l’elevata inflazione sta costringendo le famiglie a scelte di consumo molto attente limitando le quantità e modificando, in alcuni casi, la qualità. Effetto inflazione che continua a incidere anche sui consumi di energia elettrica.
Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo si stima per il mese di febbraio 2023 una variazione dello 0,3% in termini congiunturali e del 9,4% su base annua. Pur avviato, il processo di rientro dell’inflazione non appare privo di incognite. L’inflazione di fondo continua, infatti, a mostrare una progressiva tendenza all’aumento, evidenziando come all’interno del sistema importazione-produzione-distribuzione le tensioni non si siano ancora esaurite. Solo in autunno l’inflazione dovrebbe tornare su valori prossimi a quelli indicati come obiettivo dalla politica monetaria. La persistenza dell’inflazione su valori storicamente elevati consolida le attese di una prima parte dell’anno molto debole sul versante dei consumi.