Congiuntura Confcommercio: quadro economico ancora fragile
L’inizio dell’autunno non sembra aver diradato le molte ombre che caratterizzano l’attuale situazione congiunturale. La nostra economia, all’interno della quale non mancano moderati spunti di vivacità, sembra essere tornata a viaggiare a ritmi molto modesti, i quali, pur non prefigurando una reale stagnazione, non possono essere valutati come una vera crescita.
La revisione dei conti nazionali e quella dei più recenti profili trimestrali non ha aiutato a delineare un quadro congiunturale più chiaro. Le stime effettuate con i nuovi dati e la considerazione delle più recenti informazioni in alta frequenza conducono a disegnare un terzo trimestre in moderata crescita (+0,3%), rivedendo, quindi, al rialzo la valutazione di stagnazione offerta un mese fa.
Non cambia, invece, la ben fondata sensazione di fragilità del quadro economico, caratterizzato da un inceppamento grave del circuito redditi-fiducia-consumi.
La crescita dell’occupazione si sarebbe arrestata sui livelli massimi durante il bimestre settembre-ottobre, a fronte di buone dinamiche nel settore delle costruzioni che quasi compensano i vuoti avvertiti nell’indice della produzione industriale. Il fatturato dei servizi, nel terzo trimestre, risulterebbe moderatamente crescente, nonostante un andamento delle presenze turistiche piuttosto insoddisfacente nella metrica dei dati provvisori. Non escludiamo una revisione al rialzo dei suddetti dati.
Nel complesso, i consumi, misurati dall’Indicatore dei Consumi Confcommercio, dovrebbero aver mostrato una marginale crescita in settembre, tanto in termini tendenziali quanto nella formulazione della variazione congiunturale su dati destagionalizzati.
Il PIL è atteso aumentare dello 0,2% su settembre, con una variazione dello 0,8% nel confronto annuo.
Non sembra facilmente raggiungibile il traguardo di crescita all’1% per il 2024, pure tenendo conto di uno o due decimi di punto aggiuntivi derivanti dal maggiore numero di giornate lavorative dell’anno in corso rispetto al 2023. Una stima più attendibile collocherebbe la crescite a +0,8% o +0,9%. La questione dei decimali assume rilievo nell’ottica del raggiungimento di un indebitamento in rapporto al PIL al di sotto del 3% già nel 2026.
L’inflazione, che aveva rappresentato il problema principale degli ultimi anni, sembra essere tornata alle dinamiche sperimentate nel periodo pre-pandemico.
La nostra stima è di una variazione congiunturale nulla nel mese di ottobre e dello 0,9% nel confronto annuo. Il modesto aumento tendenziale non modifica le stime di una crescita dei prezzi prossima all’1% nell’intero 2024. Se queste dinamiche, unitamente agli andamenti dell’occupazione e delle retribuzioni, rappresentano un fattore di potenziale ripresa dei consumi, non va trascurato che, in assenza di una politica monetaria più coraggiosa da parte della BCE, il permanere di un costo del denaro elevato rappresenta un freno alle scelte delle famiglie e alle decisioni d’investimento delle imprese.
A settembre 2024 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio ha mostrato una piccola variazione rispetto allo stesso mese del 2023, confermando il permanere di una situazione di debolezza sul versante dei consumi. Il dato dell’ultimo mese è sintesi di una lieve riduzione della domanda per i beni a cui si è associata una crescita dello 0,4% per i servizi.
La mancanza di slancio della domanda delle famiglie è sottolineata anche dal dato congiunturale destagionalizzato, che registra una variazione dello 0,1% segnalando, al suo interno, una preoccupante tendenza alla riduzione della spesa per i servizi, elemento già emerso ad agosto.
Le stime per il mese di settembre 2024 indicano, a livello di macro-funzioni di consumo, il permanere di dinamiche articolate. Spunti di miglioramento si rilevano per i trasporti aerei, i beni e i servizi per la comunicazione, gli elettrodomestici, i carburanti e i servizi ricreativi.
Il modesto miglioramento stimato nel confronto annuo per l’abbigliamento e le calzature sembra riflettere più che un’inversione di tendenza gli effetti una diversa situazione meteorologica. Elemento che dovrebbe aver contribuito anche al calo della domanda di energia elettrica.
I segnali di rallentamento della domanda per i servizi legati al turismo, già osservati nei mesi precedenti, sembrano confermati a settembre. La nostra stima è di una variazione su base annua per il comparto degli alberghi e pubblici esercizi nulla. Sulla base delle indicazioni provvisorie, relative ai primi otto mesi del 2024, la tendenza al rallentamento origina principalmente dalla componente interna che, al momento, continua ad essere compensata dal turismo straniero.
Anche a settembre il settore dell’automotive permane in territorio negativo, accentuando le difficoltà di questo segmento, con effetti negativi su tutta la filiera. Elementi di debolezza continuano a interessare anche altre funzioni di consumo più tradizionali come i mobili e agli articoli di arredamento.
Relativamente agli alimentari, altro settore in deciso ridimensionamento negli ultimi anni, il dato di settembre sembra indicare come il recupero di agosto rappresenti più un riassestamento nei comportamenti di spesa delle famiglie che l’inizio di una fase meno problematica. D’altra parte, per questa, come per altre funzioni di spesa, esistono dei fattori strutturali legati alla demografia, alle dimensioni dei nuclei familiari e alle mutate abitudini di vita che rendono complesso il ritorno sui livelli sperimentati in passato.
Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo, si stima per il mese di ottobre 2024 una variazione nulla dell’indice in termini congiunturali e una crescita dello 0,9% su base annua. Il lieve aumento della variazione tendenziale è in linea con le attese e coerente con la stima di una crescita dei prezzi al consumo prossima all’1% nella media del 2024.
Il ritorno dell’inflazione sui valori che le famiglie avevano sperimentato negli anni precedenti la crisi pandemica potrebbe rappresentare, unitamente alle dinamiche occupazionali e reddituali, la leva per il recupero della domanda, quanto mai necessario per migliorare le deboli prospettive di crescita, ma del quale si intravedono pochi e sporadici segnali.