L’inizio dell’autunno è caratterizzato da molteplici criticità. Il quadro geo-politico non accenna a migliorare e le tensioni sulle materie prime energetiche non si riducono. Sono più concreti, pertanto, i rischi di recessione per molti Paesi, soprattutto quelli più esposti dal punto di vista energetico che potrebbero risentire di eventuali razionamenti conseguenti al calo delle forniture. La tendenza all’incremento dell’inflazione non sembra destinata ad arrestarsi nel breve periodo. Stimiamo una crescita dei prezzi al consumo a ottobre dell’1,5% su base mensile e del 9,8% su base annua. La variazione, pur attribuibile in larga misura all’energia, è alimentata anche dalla dinamica dei prezzi dell’alimentare e di quei servizi in cui la componente energetica rappresenta una parte significativa dei costi di produzione. La crescita dei prezzi potrebbe non arrestarsi fino alla tarda primavera del prossimo anno.
Il rimbalzo registrato dalla produzione industriale in agosto va valutato con cautela, in considerazione della tradizionale volatilità registrata dall’indicatore nel mese. Su base trimestrale, in ogni caso, la produzione industriale registra una riduzione congiunturale dell’1,2%. La minor dinamicità dell’economia comincia a riflettersi anche sul mercato del lavoro: rispetto a giugno, il numero di occupati ad agosto mostra un calo di oltre 110mila unità.
Il combinarsi di questi elementi produce effetti negativi tanto sul PIL quanto sui consumi. Secondo le nostre stime ad ottobre il PIL dovrebbe registrare una riduzione dell’1% congiunturale, dopo il -0,5% stimato per il terzo trimestre del 2022. Nel confronto annuo la variazione, nel mese in corso, si dovrebbe attestare allo 0,4%, in forte ridimensionamento rispetto ai mesi precedenti.
I consumi, espressi nella metrica dell’ICC, continuano a ridursi nel confronto annuo, effetto di una contrazione per i beni e di una crescita per i servizi. Difficilmente le famiglie potranno continuare a fare ricorso al risparmio, come hanno fatto nella prima parte dell’anno, per sostenere la domanda in presenza di una progressiva erosione del reddito disponibile.
Il rallentamento congiunturale della domanda si inserisce in un contesto in cui il gap con i livelli registrati nel 2019 è ancora significativo. Nel complesso del periodo gennaio-settembre 2022, l’ICC manifesta una riduzione di cinque punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2019. Divari più rilevanti si registrano per i servizi. Queste distanze non verranno colmate nel corso del prossimo anno.
Ad agosto 2022 la produzione industriale ha registrato, dopo i deludenti risultati dei mesi precedenti, una crescita del 2,3% in termini congiunturali. Il confronto su base annua segnala un incremento del 2,6%, dato che va letto con una certa cautela in considerazione della tradizionale erraticità del mese. Sempre ad agosto il numero di occupati ha registrato un calo dello 0,3% su luglio. Nel confronto con lo stesso mese del 2021 la variazione si mantiene positiva.
Segnali negativi cominciano ad emergere sul versante del sentiment degli imprenditori del commercio al dettaglio che registra a settembre, dopo alcuni mesi favorevoli, una contrazione del 2,5% su agosto.
L’indebolimento del quadro congiunturale si è riflesso sul PIL. Il rallentamento registrato nel periodo estivo dovrebbe aver determinato, secondo le nostre stime, una riduzione in termini congiunturali dello 0,5% nel terzo trimestre. La tendenza al ripiegamento dell’attività economica si sarebbe amplificata nel mese di ottobre per il quale si stima una riduzione dell’1% in termini congiunturali ed una crescita dello 0,4% sullo stesso mese del 2021.
A settembre 2022 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio conferma la tendenza al rallentamento, con una riduzione su base annua del 2%.
Il calo registrato dall’indicatore nel confronto con lo stesso mese del 2021 è sintesi di un incremento della domanda per i servizi e di una riduzione di quella relativa ai beni. La tendenza al ridimensionamento della domanda è sostanzialmente diffusa tra i beni e comincia ad interessare anche alcuni segmenti dei servizi.
La minor dinamicità della domanda, calcolata nella metrica dell’ICC, ha portato nel complesso del terzo trimestre ad una variazione nulla rispetto allo stesso periodo del 2021, dato che allontana il ritorno sui valori pre-pandemici. Nel confronto con i primi nove mesi del 2019 l’ICC risulta ancora inferiore del 5%. Per i servizi il calo si attesta all’11,7%.
In linea con quanto registrato negli ultimi mesi, a settembre 2022 la domanda delle famiglie ha mostrato un’intonazione positiva solo per la componente relativa ai servizi. Per questi ultimi, dopo un periodo di intenso recupero, che non ha peraltro ancora permesso il ritorno sui livelli del 2019, la domanda comincia a mostrare un’evoluzione più contenuta. In particolare sono emersi segnali di criticità in alcuni settori, quali la ristorazione, in cui la componente interna della domanda ha un ruolo prominente.
Relativamente ai beni, a settembre la tendenza a ridurre i volumi acquistati risulta sostanzialmente diffusa. Contrazioni significative della domanda, nel confronto su base annua, si registrano anche per gli elettrodomestici ed i mobili segmenti che avevano mantenuto una certa vivacità anche nei periodi più difficili. A settembre il settore dell’automotive, si conferma tra quelli con le maggiori difficoltà. Nel confronto tra i primi nove mesi del 2022 e lo stesso periodo del 2019 la domanda di autovetture da parte di privati ha registrato un calo del 25,5%. Si consolida nello stesso mese la tendenza da parte delle famiglie a ridurre i consumi alimentari, segmento tra i più colpiti dalla ripresa dell’inflazione. Per abbigliamento e calzature i modestissimi segnali di recupero registrati tra la primavera e l’inizio dell’estate sembrano essersi arrestati, con una riduzione tendenziale della domanda a settembre del 5,4%.
Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo si stima per il mese di ottobre 2022 una variazione dell’1,5% in termini congiunturali e del 9,8% su base annua. La netta accelerazione dell’inflazione, pur derivando in larga misura dai consistenti incrementi dei prezzi dell’energia, riflette il diffondersi della tendenza all’aumento anche ad altri comparti, in primo luogo l’alimentare. Allo stato attuale diventa sempre più complicato ipotizzare un possibile punto di svolta delle tendenze in atto, che presumibilmente potrà avvenire non prima della tarda primavera del 2023. Elemento che consolida le preoccupazioni sull’evoluzione della domanda e acuisce la potenziale riduzione del PIL.