L’ultimo trimestre del 2020 è caratterizzato da un marcato indebolimento del quadro economico, seppure di intensità più ridotta rispetto a quanto sperimentato in primavera. Non si può escludere che questa nuova caduta provochi una forte delusione presso gli imprenditori, con conseguenti riflessi negativi sul profilo degli investimenti soprattutto nei settori più colpiti: commercio non alimentare, trasporti, servizi ricettivi e di ristorazione, spettacoli e ricreazione.

Nel confronto annuo l’ICC di novembre è tornato a registrare una riduzione a doppia cifra, a causa della contrazione della domanda nel comparto dei servizi ed in particolare del turismo che si appresta a chiudere l’intero 2020 con cali che approssimano, o superano, il 50%.

Nonostante qualche importante segnale sul fronte della predisposizione dei vaccini, il permanere di una situazione sanitaria ancora molto difficile, con le correlate misure restrittive, e l’approfondirsi dell’incertezza sulle prospettive economiche portano ad una stima della variazione del PIL per il mese di dicembre del -1,4% su novembre e del -9,6% su base annua. L’ultimo quarto dell’anno in corso dovrebbe chiudersi con un -3,1% sul terzo trimestre e un -7,6% sullo stesso periodo del 2019, per una riduzione del 9,1% in termini reali per l’intero 2020.

Allo stato di crisi si associa una perdurante deflazione. Da maggio la variazione su base annua dei prezzi al consumo è in territorio negativo. Il 2020 si chiuderà con una riduzione dei prezzi dello 0,2% rispetto al 2019, lasciando peraltro un’eredità negativa al 2021. Anche sotto questo aspetto si dovrà attendere la prossima primavera per tornare a registrare variazioni tendenziali positive dell’indice dei prezzi al consumo, con crescite attorno all’1% solo dopo il mese di luglio.

Nonostante l’emergere della seconda ondata pandemica, ad ottobre la produzione industriale ha fatto segnare un modesto rimbalzo congiunturale, con una flessione del 2,5% su base annua. Nello stesso mese gli occupati segnalano una moderata flessione su settembre, mentre la variazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente registra un -2%. Il sentiment delle imprese del commercio è peggiorato, a novembre, del 3,7% congiunturale. Considerando che anche parte del mese di dicembre è stato caratterizzato da restrizioni, a macchia di leopardo e di diversa intensità,  e da una forte incertezza si stima per il mese in corso un calo congiunturale del PIL, al netto dei fattori stagionali, dell’1,4% dato che porterebbe ad una decrescita del 9,6% rispetto allo stesso mese del 2019. Nel quarto trimestre il PIL è stimato ridursi del 3,1% rispetto all’ultimo quarto e del 7,6% nel confronto annuo, dato che porterebbe a un calo del 9,1% per il 2020 nel complesso.

Anche i risultati di novembre 2020 dell’Indicatore dei Consumi Confcommercio vengono pubblicati solo in forma grezza e nel confronto annuo, con un’indicazione più dettagliata degli andamenti delle diverse voci che compongono le macro funzioni di spesa. A novembre le progressive restrizioni allo svolgimento delle attività e alla mobilità, seppure più articolate e meno stringenti rispetto alla primavera, hanno determinato un deciso peggioramento sia sul versante produttivo sia su quello della domanda delle famiglie.

L’indicatore dei consumi registra, nel confronto annuo, un calo del 16%, sintesi di riduzioni del 39,3% per i servizi, i più colpiti dalle misure restrittive, e del 6,7% per i beni.

Si conferma, pur in un quadro di generalizzato peggioramento, un andamento articolato. Le spese per la mobilità e per il tempo libero, già duramente provate nella prima fase pandemica e che avevano conosciuto nei mesi estivi una timida attenuazione della crisi, sono tornate a segnalare cadute non molto dissimili da quelle registrate a marzo-aprile. Per molti comparti il 2020 si chiuderà con riduzioni prossime o superiori al 50%, mettendo sempre più a rischio la sopravvivenza di molte delle imprese che vi operano. Tra i beni, l’abbigliamento, le calzature e i carburanti sono le voci che continuano a risentire in misura più significativa degli effetti dei vincoli alla mobilità e alla vita di relazione, con perdite che, su base annua, sono tornate sopra il 20%. A novembre, le chiusure delle attività commerciali per alcune tipologie di negozi, in alcune zone, e per specifici giorni, hanno determinato il ritorno in territorio negativo della domanda di mobili, prodotti per la casa e per gli elettrodomestici, segmenti che nei mesi precedenti avevano mostrato buone capacità di recupero e per cui l’espansione dell’e-commerce non è sufficiente a colmare i vuoti generati dalle minori occasioni d’acquisto. In territorio positivo continua a mantenersi la variazione della domanda per le autovetture vendute a privati, seppure con andamenti più contenuti rispetto ad agosto e settembre, fenomeno agevolato dal confronto statistico con gli andamenti deboli registrati nella parte finale del 2019.

Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo, per il mese di dicembre 2020 si stima un aumento dello 0,1% in termini congiunturali, dato che mantiene il sistema in deflazione. Il 2020 si dovrebbe pertanto chiudere con una variazione negativa dei prezzi dello 0,2%, lasciando al 2021 un’eredità di analoga entità. Solo in primavera si dovrebbe tornare a variazioni positive su base annua.

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