Le restrizioni relative al Covid-19 hanno costretto molti a rimanere a casa. Ciò ha fortemente ridotto il traffico stradale e le attività economiche, in particolare nelle città e nelle aree urbane ad alta densità abitativa, riducendo di conseguenza le emissioni di anidride carbonica in atmosfera indotte dall’uomo. Sebbene questa riduzione non sia abbastanza forte da essere visibile a livello globale nell’atmosfera, è invece osservabile su scala locale.
Lo studio, che è attualmente in fase di preparazione per essere sottoposto ad una revisione da parte di esperti indipendenti, dimostra come il lockdown abbia finora ridotto le emissioni di anidride carbonica in tutte le città analizzate. “Le riduzioni vanno dall’8% di Berlino, in Germania – un’area urbana ricca di vegetazione – al 75% nel centro della città di Heraklion in Grecia”, afferma il Professor Dario Papale, direttore dell’ICOS Ecosystem Thematic Centre e responsabile scientifico per le attività ICOS alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, dove lavora nell’ambito della divisione dedicata allo studio degli impatti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura, sulle foreste e sui servizi ecosistemici.
Le città europee incluse nello studio sono Basilea in Svizzera, Berlino in Germania, Firenze e Pesaro in Italia, Helsinki in Finlandia, Heraklion in Grecia e Londra nel Regno Unito. In tutte le città si è rilevata una chiara connessione temporale tra le restrizioni e la riduzione delle emissioni, la cui entità varia in base alle caratteristiche delle aree campionate e alla rigidità delle restrizioni messe in atto.
Per le osservazioni locali, gli scienziati usano in tutto il mondo una tecnica chiamata eddy covariance, in cui lo scambio di anidride carbonica tra l’atmosfera e un particolare ecosistema viene misurato da apparecchiature installate in torri che sovrastano l’area interessata e la sua vegetazione. Ciò consente di vedere i cambiamenti nelle emissioni quasi in tempo reale.
La torre di Heraklion ha registrato la più grande riduzione, trovandosi in una zona caratterizzata da fitte attività commerciali e intenso traffico stradale, entrambi completamente fermi durante il blocco. A Pesaro, uno stop quasi completo del traffico ha ridotto le emissioni di CO2 fino a un terzo.
In altre città, come Firenze, Basilea e Helsinki, la riduzione delle emissioni derivata da una riduzione del traffico e delle attività economiche è stata in parte controbilanciata dall’aumento del riscaldamento domestico e del metabolismo umano. Nella zona Basilea-B, tuttavia, il traffico è doppio rispetto alla diversa zona della stessa città Basilea-K, e per questo motivo la riduzione rilevata è maggiore.
Il traffico e il settore commerciale sono causa della gran parte delle emissioni anche nel caso di Londra, ma questa differisce da Helsinki e Firenze per il suo contributo residenziale: normalmente, la popolazione del centro di Londra può aumentare di 10 volte nei giorni feriali a causa dell’afflusso di pendolari, che è stato fortemente ridotto con il blocco.
A Berlino, la moderata riduzione del traffico è stata controbilanciata dalle emissioni domestiche e dalla presenza di vegetazione, portando a una minore riduzione delle emissioni.
La figura 1 illustra chiaramente la connessione tra le misure di blocco e le emissioni, e il collegamento nelle tempistiche.
“In alcuni casi le emissioni hanno iniziato a diminuire anche qualche tempo prima dell’attuazione del blocco ufficiale, quando le persone hanno risposto alle raccomandazioni di ridurre il più possibile i viaggi e lavorare da casa”, sottolinea Dario Papale, che conclude: “Questo è un ottimo esempio di collaborazione tra scienziati di diversi paesi, supportato dalle autorità locali che ci consentono di raccogliere queste misurazioni, molto importanti per monitorare l’andamento delle emissioni nelle prossime settimane e mesi, quando le auto private saranno probabilmente preferite ai trasporti pubblici per evitare gli affollamenti. Ciò potrebbe causare una rapida crescita delle emissioni che potrebbe persino superare quelle del periodo di pre-blocco”.
Gli scienziati mirano a svolgere ulteriori studi basati sui dati generati da queste torri cittadine. Questa prima analisi, mentre apre la strada a studi più approfonditi, dimostra l’importanza di installare torri di osservazione anche nelle aree urbane. Le città saranno infatti sempre più rilevanti in futuro: già oggi, ospitano circa il 55% della popolazione mondiale e, secondo le Nazioni Unite, la percentuale crescerà considerevolmente nei prossimi decenni.
Lo studio “Clear evidence of reduction in urban CO2 emissions as a result of COVID-19 lockdown across Europe” è stato avviato e promosso dall’ICOS Ecosystem Thematic Centre, centro coordinato dalla Fondazione CMCC e dall’Università della Tuscia. ICOS ETC è responsabile della raccolta, del controllo di qualità e dell’elaborazione dei dati nel contesto dell’ICOS Ecosystem Network, costituito da oltre 80 stazioni in Europa.