Dal 9 marzo 2020, data di inizio del lockdown in Italia, nelle abitazioni c’è stato un notevole incremento dell’inquinamento dell’aria interna, così come di quello acustico. É questo il risultato di uno studio condotto da Netatmo, basato su un minimo di 1000 Stazioni Meteo Intelligenti, nell’arco di tempo tra il 1 marzo e il 26 aprile 2020 in 6 Paesi europei. 

In media, il 55% delle case italiane prese in esame supera la soglia di 1.000 parti per milione di CO2 almeno una volta a settimana, un dato che posiziona il nostro paese dietro a Germania, Francia, Spagna, Polonia e Repubblica Ceca. Ciò significa che gli spazi interni non sono sufficientemente ventilati pertanto risulta difficile eliminare gli agenti inquinanti. Inoltre, i risultati dimostrano un incremento del 6% del numero delle abitazioni che non ha un giusto ricambio aria rispetto allo stesso periodo del 2019, durante il quale la percentuale era del 49%. 

Il picco di inquinamento domestico si è registrato durante la prima settimana di lockdown e in particolare nella giornata di venerdì, 13 marzo, quando nel 69% delle abitazioni italiane l’aria è risultata malsana. Lo scorso anno, nello stesso giorno, solo il 51% delle case ha oltrepassato la soglia di 1.000 ppm di CO2. Il giorno nero del 2019 è stato il 7 aprile, ma con una percentuale ‘solo’ del  62.99%. 

Il ricambio d’aria inadeguato e il lockdown hanno determinato questo risultato e dimostrano che è essenziale adottare buone abitudini e far arieggiare gli ambienti almeno due volte al giorno, come suggeriscono molte organizzazioni sanitarie.

Un altro aspetto rilevante da sottolineare riguarda l’inquinamento acustico. Il sondaggio dimostra che da quando è iniziato il lockdown, gli italiani vivono in un ambiente più rumoroso. Infatti, a causa della presenza in casa di tutti membri della famiglia, così come dei vicini di casa, il livello di pressione sonora è aumentato del 67%, passando dai 41,94 dB in media del 2019 ai 44,16 dB nel 2020.

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