Grazie alla presenza di numerosi e minuscoli pori, alcuni particolari dispositivi realizzati con materiali nanoporosi, i cosiddetti sistemi HLS, sono dotati di una straordinaria capacità di immagazzinamento di energia. Tali dispositivi si comportano come una batteria “a liquido”, “caricandosi” all’aumentare della pressione dell’acqua che permea i pori e “scaricandosi”, rendendo fruibile energia meccanica, quando la pressione diminuisce. Tuttavia l’interruttore che permette il funzionamento di questo meccanismo finora era poco conosciuto e soprattutto molto difficile da controllare.

Un nuovo studio condotto presso il Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza ha fatto luce su questo aspetto, investigando il comportamento di vari materiali porosi tramite esperimenti di intrusione ed estrusione di acqua ad alte pressioni.

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista “ACS Nano”, suggeriscono una strategia innovativa per controllare il movimento dei liquidi all’interno dei materiali indagati.

“Il meccanismo microscopico all’origine dell’espulsione dell’acqua – spiega Alberto Giacomello del team di ricerca – è legato all’esistenza di bolle di dimensioni nanometriche all’interno delle interconnessioni tra pori, che riducono il contatto tra l’acqua e le pareti, dando vita a veri e propri pori superidrofobi”.

A parità di tutte le altre caratteristiche fisiche e chimiche infatti la forma dei pori idrofobi di dimensioni simili sembra essere un parametro discriminante per il comportamento del materiale: l’assenza di un’interconnessione tra i pori impedisce l’espulsione di acqua assorbita e al contrario, se interconnessi, i pori sono in grado di “asciugarsi” e far uscire l’acqua trattenuta, anche a temperatura ambiente e pressioni estremamente elevate, equivalenti a quelle che si possono registrare a profondità sottomarine di centinaia di metri.

Con modelli macroscopici e simulazioni atomistiche, i ricercatori hanno dimostrato che il fenomeno si realizza quando sono presenti cavità idrofobe di dimensioni pari o inferiori al nanometro sulle pareti del nanoporo. Inoltre gli studiosi hanno ripetuto l’esperimento sostituendo il mercurio all’acqua e utilizzando altri materiali porosi, ottenendo risultati analoghi che hanno confermato la totale generalità di questo meccanismo.

“Il nostro studio offre validi strumenti teorici e computazionali a scienziati e ingegneri per progettare materiali nanostrutturati che sfruttino appieno le caratteristiche dei liquidi in nanopori – sostiene Carlo Massimo Casciola, a capo del progetto di ricerca – quali la capacità di bagnare o asciugare reversibilmente una superficie o di aumentare la loro mobilità a parete. In questo campo si aprono numerose possibilità di nuove applicazioni che comprendono accumulatori di energia meccanica per fonti rinnovabili e recupero di energia, assorbimento di vibrazioni e urti, tecniche di purificazione dell’acqua e superfici capaci di rigenerare lo stato superidrofobo”.

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