L’anno si chiude in rallentamento ma ci sono segnali di vitalità economica
Il 2023 si chiude all’insegna del rallentamento generalizzato, ma non mancano preziosi spunti di vitalità economica, seppure deboli e incerti. In questo senso vanno letti sia il recupero delle vendite reali in ottobre sia la crescita della fiducia delle famiglie a novembre. D’altra parte, l’occupazione tiene egregiamente e al di là delle più favorevoli aspettative. Nei mesi di agosto e settembre le presenze turistiche hanno fatto registrare il massimo di sempre, costituendo un eredità che, trasmessa all’attività economica dell’ultimo quarto dell’anno, ne sostiene la variazione tendenziale. Infine, la black week di fine novembre testimonia una certa vivacità della propensione al consumo e le stime sul volume di potenziali spese nel mese di dicembre fanno sperare in una chiusura d’anno favorita, ancora una volta, dalla tenuta dei consumi.
La nostra previsione del PIL per il mese di dicembre è di una variazione nulla in termini congiunturali e dello 0,6% nel confronto annuo. Il quarto trimestre si chiuderebbe, pertanto, con una crescita dello 0,4% congiunturale, prevalentemente frutto dell’eredità del trimestre precedente, e dello 0,7% tendenziale. Tale stima comporterebbe la conferma della crescita per l’intero anno 2023 allo 0,8%, in linea con le indicazioni della Nadef.
In questo contesto, i consumi hanno mostrato moderati segnali di miglioramento. A novembre la domanda delle famiglie, espressa nella metrica dell’Indicatore Consumi Confcommercio, ha registrato, dopo un semestre in negativo, una variazione dello 0,4% nel confronto annuo. La stima è frutto di una crescita dei consumi per i servizi e di una riduzione per la componente relativa ai beni. I segmenti più dinamici della domanda si confermano quelli dell’automotive, dei servizi ricreativi e dei trasporti aerei. Rimane molto difficile la situazione per la domanda relativa ai beni più tradizionali, condizione che potrà subire marginali modifiche positive in occasione delle spese legate alle festività di fine anno e della prossima stagione dei saldi.
A possibile sostegno della domanda delle famiglie potrebbe intervenire il deciso rientro dell’inflazione, scesa a novembre allo 0,8%, valore che non si registrava da marzo 2021. Il rientro, seppure più contenuto, dell’inflazione di fondo, consolida l’ipotesi dell’esaurimento della bolla inflazionistica iniziata nella primavera del 2021. La nostra stima per il mese di dicembre è di una variazione congiunturale dello 0,1% e di una crescita dello 0,6% nel confronto annuo. Nella media dell’anno l’inflazione si collocherebbe al 5,7%, conseguenza pressoché esclusiva del trascinamento proveniente dal 2022.
Archiviato il 2023, l’attenzione è tutta sul 2024. L’anno che sta per chiudersi lascia sia in positivo sia in negativo scarse eredità statistiche: tutto dovrà essere costruito durante il prossimo anno. Certamente il permanere dei prezzi su dinamiche particolarmente contenute migliorerà potere d’acquisto e fiducia delle famiglie, consentendone atteggiamenti più favorevoli verso i consumi. Allo stesso tempo, la concreta possibilità di una politica monetaria meno restrittiva rappresenterebbe un positivo contributo alle decisioni d’investimento delle imprese. All’opposto, non vanno trascurati i possibili impatti negativi derivanti dall’incerto quadro internazionale che potrebbe avere ripercussioni sulla domanda proveniente dall’estero e generare turbolenze sui mercati delle materie prime.
L’economia italiana continua a muoversi, anche in quest’ultima parte del 2023, su un sentiero di sostanziale stagnazione. L’attività industriale si mantiene da un semestre, al di là di minime variazioni, sugli stessi livelli. I servizi, che pure mostrano alcuni spunti positivi, sembrano aver perso molto dello slancio che aveva caratterizzato l’uscita dalla pandemia. Secondo le nostre stime, a dicembre il PIL è atteso registrare, nel confronto con novembre, una variazione nulla. Su base annua questo andamento si tradurrebbe in un aumento dello 0,6%. Nonostante la stasi degli ultimi mesi, il quarto trimestre, in virtù di un’eredità favorevole lasciata dal quarto precedente, si chiuderebbe con una crescita congiunturale dello 0,4% e dello 0,7% tendenziale. Nella media del 2023 questo si tradurrebbe in una crescita dello 0,8% rispetto al 2022.
A novembre 2023 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio ha evidenziato una crescita dello 0,4% rispetto allo stesso mese del 2022. Anche nell’ultimo mese la domanda delle famiglie è stata orientata prevalentemente verso i servizi a cui si è contrapposta una moderata riduzione di quella relativa ai beni. La “ripresina” dell’ultimo mese va valutata con una certa cautela. Al di là di possibili elementi occasionali, che potrebbero aver influito su alcuni segmenti dei servizi nel confronto con il 2022, è ancora troppo presto per valutare il possibile impatto positivo sulle famiglie derivante dal repentino rientro dell’inflazione: a novembre del 2022 si toccava il valore più alto degli ultimi 40 anni con una crescita tendenziale dei prezzi al consumo dell’11,8%. Appare, comunque, confortante la variazione che stimiamo in termini reali e destagionalizzati a novembre che seguirebbe l’analoga crescita congiunturale delle vendite al dettaglio di ottobre.
Nel confronto con novembre del 2022 si registrano, al netto di una evoluzione lievemente meno negativa per molti dei beni che compongono l’aggregato, poche differenze rispetto a quanto rilevato negli ultimi mesi. Anche a novembre i settori più dinamici si confermano l’automotive, i trasporti aerei e i servizi ricreativi. In positivo anche i consumi legati al turismo che, dopo la battuta d’arresto d’inizio estate, sono tornati a mostrare dinamiche più favorevoli, oltre alla domanda di energia elettrica. Relativamente alle altre funzioni di consumo rimane difficile la situazione per l’abbigliamento e le calzature, gli alimentari e i mobili, segmenti che stentano a tornare in territorio positivo. Nel preconsuntivo del 2023 si conferma la difficoltà per molte funzioni di consumo a tornare sui livelli del 2019.
Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo si stima per il mese di dicembre una variazione dello 0,1% in termini congiunturali e una crescita dello 0,6% su base annua. Nella media dell’intero 2023 il tasso di variazione dei prezzi si attesterebbe al 5,7%, lasciando una marginale eredità al 2024. Elemento che, unitamente al ritorno nei mesi più recenti ad andamenti congiunturali simili a quelli rilevati prima degli shock e al progressivo rientro dell’inflazione di fondo, lascia ben sperare per il prossimo anno. Il quadro d’insieme non è, comunque, privo d’incognite. Permangono, infatti, rischi di possibili turbolenze sui mercati di alcune materie prime, anche in considerazione di uno scenario internazionale che rimane molto complicato. Il ritorno stabile dell’inflazione su valori inferiori al 2% rappresenta uno degli elementi per il ritorno a tassi di crescita, tanto dei consumi quanto dell’attività economica in generale, meno asfittici rispetto a quelli che abbiamo conosciuto per buona parte dell’ultimo anno.