Consumi sostanzialmente stabili nel terzo trimestre dell’anno, ma forte contrazione delle emissioni di CO2 per il minore utilizzo di fonti fossili e il significativo aumento delle rinnovabili. Stime preliminari per l’intero 2023 indicano un calo dei consumi di circa il 3% e delle emissioni di circa l’8%. È quanto emerge dall’aggiornamento trimestrale dell’Analisi ENEA del sistema energetico italiano, che evidenzia anche un netto miglioramento dell’indice ISPRED che misura la transizione energetica sulla base di prezzi, emissioni e sicurezza degli approvvigionamenti.

“I dati evidenziano che nel terzo trimestre l’andamento dei consumi è di nuovo in linea con l’andamento del PIL, della produzione industriale e del clima. È infatti tornato ad annullarsi il disaccoppiamento fra la dinamica della domanda di energia e quella dei suoi principali driver che si era registrato nell’ultimo anno e mezzo”, sottolinea Francesco Gracceva, che coordina l’Analisi trimestrale ENEA. “Sul fronte emissioni, anche nel III trimestre 2023 il calo è stato determinato per la gran parte dai settori ETS mentre nei settori non-ETS si stima una flessione inferiore al 2%”, aggiunge l’esperto.

In termini di fonti, nel III trimestre la marginale flessione dei consumi di energia è la risultante del calo delle fonti fossili per circa 1,5 Mtep e dell’aumento delle rinnovabili per un valore di poco inferiore, grazie soprattutto alla ripresa dell’idroelettrico. Nell’insieme dei primi nove mesi, primo driver del calo complessivo dei consumi per circa 4,5 Mtep è ancora il gas, seguito da carbone e petrolio, mentre aumenti significativi hanno registrato rinnovabili elettriche e import netto di elettricità. In termini di settori, il marginale calo della domanda nel III trimestre è dovuto al calo dei consumi elettrici di industria e civile, in coerenza con produzione industriale e PIL.

Un dato positivo è il forte incremento dell’indice sintetico della transizione energetica ISPRED, che nel III trimestre è aumentato del 48% rispetto a un anno prima, quando però l’indice era al minimo della serie storica. Il miglioramento è legato in gran parte all’andamento della componente decarbonizzazione e in misura minore ai prezzi dell’energia. In aumento anche le fonti rinnovabili anche se, afferma Gracceva, “l’incremento della quota di FER sui consumi finali, che a fine anno dovrebbe raggiungere il target del 20,5%, superando il massimo storico del 2020, non è ancora in linea con la traiettoria necessaria a raggiungere il nuovo obiettivo del 40% al 2030”.

Lato sicurezza energetica, nonostante il livello record di riempimento degli stoccaggi, nel prossimo inverno il soddisfacimento dei consumi resta legato al persistere di punte di domanda ampiamente inferiori ai massimi. “In caso di prolungati picchi di freddo potrebbero evidenziarsi criticità”, nota Gracceva. Nei primi dieci mesi del 2023, infatti, il drastico crollo delle importazioni di gas russo è stato compensato da aumenti significativi di tutte le altre fonti di approvvigionamento, “ma il fattore più importante è stato il netto calo della domanda, la cui media giornaliera si è ridotta di ben 30 milioni di mc nei primi dieci mesi 2023 rispetto agli stessi mesi del 2021”, evidenzia Gracceva.

Fra gli aspetti più critici che emergono dall’Analisi, vi è il forte deficit nella bilancia commerciale delle tecnologie chiave per la decarbonizzazione. Nel primo semestre 2023 il disavanzo ha superato i 3 miliardi di euro, pari a quasi l’80% del deficit registrato nell’intero 2022, con il peso del saldo commerciale sul PIL che ha raggiunto lo 0,32%. A pesare sono soprattutto le importazioni di accumulatori agli ioni di litio, pannelli fotovoltaici e veicoli ibridi plug-in.

Quanto alla capacità innovativa, dai più recenti dati di brevetto emerge come anche la tenuta competitiva dell’Italia nelle tecnologie per l’efficienza energetica presenti alcuni rischi. A fronte di una crescita della competizione tecnologica tra paesi a livello mondiale e di una rapida avanzata dell’area asiatica, l’Italia presenta sia punti di forza che di debolezza: il vantaggio tecnologico del paese risulta assai consolidato nell’edilizia, ma tende a declinare nell’industria, presentando negli ultimi anni valori appena intorno all’unità. “Considerata la vocazione industriale dell’economia italiana, questo andamento risulta particolarmente critico soprattutto nel confronto con la Germania, che registra un incremento degli indici di specializzazione, riportando valori superiori a 1,5 negli anni più recenti”, conclude Gracceva.

Share Button