Diffondere la cultura digitale tra cittadini e amministratori. Supportare in ambito pubblico e privato iniziative volte a favorire il lavoro agile, in modo particolare nelle località meno urbanizzate e in quelle montane. Condividere una strategia di mappatura che si traduca in una “bussola” per tutti quei lavoratori intenzionati a operare secondo i principi dello smart working. Sono i punti salienti del Memorandum of Understanding siglato tra Open Fiber e South Working – Lavorare dal Sud A.P.S., una intesa mirata al coordinamento di un programma di azioni per la diffusione della banda ultra larga nel territorio nazionale. Un obiettivo strategico che accomuna fin dalla loro recente costituzione le due realtà, impegnate su fronti diversificati nella volontà di estendere una piena e compiuta “cittadinanza digitale” al maggior numero possibile di individui. Uno scopo divenuto ancora più stringente di fronte alle sfide poste dalla pandemia.
South Working è un’associazione senza fini di lucro di giovani animati dalla volontà di promuovere e studiare un modello di lavoro flessibile che permetta di lavorare a distanza da dove si desidera, indipendentemente dai contesti ad alta urbanizzazione storicamente contraddistinti dalla presenza di infrastrutture tecnologiche, col fine di ridurre i divari economici, sociali e territoriali attualmente esistenti. Open Fiber è invece una società per azioni attiva dal 2016 nella costruzione di una rete di telecomunicazioni in fibra ottica, offrendone l’accesso senza discriminazioni a tutti gli operatori di mercato interessati. Un intervento caratterizzato da una duplice modalità operativa: investimento diretto con fondi propri in oltre 250 città; realizzazione di una rete pubblica a banda ultra-larga nelle cosiddette “aree bianche” per mezzo della concessione affidata da Infratel nell’ambito del Piano BUL.
“Open Fiber, fin dal suo ingresso nel mercato delle telecomunicazioni – afferma Andrea Falessi, direttore Relazioni esterne di Open Fiber – punta alla creazione di sinergie con tutte le realtà sociali ed economiche impegnate nel contrasto al digital divide del Paese. Diffondere competenze e consapevolezza digitali fa parte della nostra ragion d’essere e della mission di South Working. Grazie al MoU appena siglato traduciamo dunque in termini concreti la reciproca volontà di condividere dati, analisi e progetti nel segno dello sviluppo tecnologico”.
“La collaborazione tra Open Fiber e South Working – spiega Mario Mirabile, vicepresidente dell’associazione – sarà strategica per diffondere il modello del lavoro agile e combattere il fenomeno del digital divide tra aree infrastrutturalmente diverse del Paese. Il futuro del lavoro passa da sostenibilità e banda ultra-larga, in un’ottica di sempre maggiore accessibilità, per una concreta azione sui territori e per le comunità locali”.
Quello tra South Working e Open Fiber è un percorso avviato anche grazie alla volontà condivisa di analizzare dati, raccogliere studi e best practice al fine di garantire una più estesa comprensione del crescente fenomeno del lavoro a distanza. Ben 6,58 milioni di italiani, nel corso del lockdown, hanno del resto sperimentato questa forma occupazionale. In particolare, la SVIMEZ, nel suo rapporto 2020, proprio in collaborazione con l’associazione South Working®, ha calcolato che nel 2020 sono stati già circa 145.000 i lavoratori che hanno sperimentato il South Working. A scattare una fotografia della situazione è l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, che ha inoltre registrato un calo degli smart worker nello scorso mese di settembre davanti alle incertezze e alle difficoltà relativa alle riaperture delle sedi di lavoro. I numeri resteranno comunque importanti: al termine dell’emergenza si stima che gli smart worker, impegnati completamente o almeno in parte nel lavoro da remoto, ammonteranno a 5,35 milioni, dato decuplicato rispetto ai circa 570mila lavoratori prima della pandemia.