Quali sono gli elementi che permettono all’edera, alla vite, alla Clematis di arrampicarsi? Quale è il loro dispendio energetico? E’ possibile costruire robot che si comportano allo stesso modo? Sono queste le domande alla base del progetto GrowBot coordinato dall’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia e finanziato dalla Commissione Europea con circa 7 milioni di euro per i prossimi 4 anni, nell’ambito del programma FET di Horizon 2020 che supporta i progetti tecnologici più ambiziosi. Nel consorzio di ricerca del progetto, è presente anche il gruppo di Cecilia Laschi, professoressa dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna. L’obiettivo di Growbot, infatti, è la creazione di robot in grado di arrampicarsi e adattarsi all’ambiente circostante, così come fanno le piante, e che in futuro potranno essere integrati nelle smart cities.
GrowBot sarà coordinato da Barbara Mazzolai dell’IIT, già coordinatrice nel 2012 del progetto europeo che ha dato vita al primo robot pianta al mondo, il Plantoide, capace di riprodurre il comportamento delle radici. Il nuovo progetto, GrowBot, si focalizzerà sulle capacità delle piante rampicanti di orientare il proprio fusto su supporti che gli permettono di crescere, vivere e muoversi, grazie a diverse strategie di ancoraggio. I ricercatori creeranno, quindi, robot rampicanti nuovi, che potranno trovare applicazione in ambito architettonico e urbanistico, per integrare e guidare sensori all’interno delle città, o per esplorazioni in ambito archeologico.
“Le piante sono organismi viventi affascinanti – dichiara Barbara Mazzolai, coordinatrice del progetto e del Centro di Micro-Bio robotica dell’IIT a Pontedera, Pisa – di cui sappiamo ancora molto poco. Lo sviluppo di tecnologie che si ispirano al loro comportamento ci permette di ottenere due risultati, da una parte una maggiore comprensione del loro mondo, variegato ed estremamente intelligente, dall’altra l’individuazione di robot, materiali soffici, soluzioni ingegneristiche e fonti di energia innovativi e sostenibili per il nostro pianeta”.
Il progetto GrowBot ha un approccio multidisciplinare e unisce in un unico consorzio robotici, botanici, matematici, scienziati dei materiali e informatici. Oltre all’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia, in Italia sono coinvolti la Scuola Superiore Sant’Anna, il GSSI- Gran Sasso Science Institute, e l’azienda Linari Engineering Srl.
Per l’IIT lavoreranno il gruppo di bio-robotici guidato da Barbara Mazzolai a Pontedera e il team di chimici coordinato da Nicola Tirelli a Genova. Il primo gruppo curerà il design e la realizzazione finale dei nuovi robot pianta, sviluppando anche tecniche di fabbricazione 3D innovative per fare crescere il robot nello spazio e fonti di energia derivate dalle piante; il secondo lavorerà allo sviluppo di nuovi materiali polimerici che conferiscano al corpo dei robot pianta la possibilità di risposte chimico-meccaniche a vari stimoli ambientali, così da ottenere dei comportamenti autonomi.
Il gruppo di Cecilia Laschi dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna si dedicherà allo sviluppo degli algoritmi di controllo che guideranno il comportamento dei robot. I ricercatori del GSSI guidati da Pierangelo Marcati lavoreranno all’elaborazione dei modelli matematici che descrivono le caratteristiche delle piante rampicanti. Mentre la Linari Engineering Srl, rappresentata da Stefano Linari, metterà a disposizione la propria expertise nel campo delle nanotecnologie per l’individuazione di innovative tecniche produttive di nanofibre per l’accrescimento dei robot pianta.
GrowBot prevede nel corso dei quattro anni anche il lancio di due call internazionali su specifici progetti di ricerca da fare condurre a giovani scienziati. Inoltre, sarà realizzata una mostra dedicata al mondo vegetale e alle tecnologie robotiche a loro ispirate, tra arte e scienza, e che durante l’ultimo anno di progetto sarà esposta in diverse sedi italiane ed europee.
Il consorzio è composto da: IIT-Istituto Italiano di Tecnologia, SSSA- Scuola Superiore Sant’Anna, il GSSI – Gran Sasso Science Institute, Linari Engineering Srl, l’HZG-Helmholtz-Zentrum Geesthacht Zentrum Fur Material Und Kustenforschung, l’Albert-Ludwigs-Universität Freiburg, la Tel Aviv University, il CNRS-Centre National De La Recherche Scientifique e l’azienda Arkyne Technologies SL.