I neutrini sono particelle fondamentali per la comprensione della natura. Purtroppo, però, pur essendo prodotti in grandissima quantità in molti processi fisici del nostro universo, sono estremamente sfuggenti perché interagiscono pochissimo con la materia. È perciò necessario ingaggiare sfide tecnologiche sempre nuove per realizzare esperimenti più sensibili. Imprese scientifiche decisive perché capire a fondo queste particelle porterebbe a una svolta per le nostre conoscenze e potrebbe anche aprirci le porte della Nuova Fisica, oltre l’attuale teoria del Modello Standard. Per questo, lo studio di un particolare processo, previsto essere estremamente raro e chiamato doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, è indirizzato a comprendere un aspetto fondamentale della natura del neutrino: la caratteristica di coincidere o meno con la sua antiparticella. Tale processo, se osservato, ci consentirebbe di affermare che il neutrino è una particella di Majorana e permetterebbe la determinazione della massa del neutrino.
L’esperimento GERDA, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare sta indagando questo processo utilizzando una tecnologia basata su cristalli di germanio arricchiti dell’isotopo 76Ge. L’esperimento ha pubblicato ieri 17 dicembre su “Physical Review Letters” il limite più stringente sul tempo di dimezzamento di questo decadimento raro fissandolo a 1,8·1026 anni, più di un milione di miliardi di volte la vita dell’universo. Questo eccezionale risultato è stato ottenuto grazie al limitatissimo numero di eventi di fondo nella regione del segnale, 5,2·10-4 conteggi/(keV·kg·anno): il più basso livello mai ottenuto al mondo in esperimenti simili. GERDA conferma così di aver raggiunto tutti gli obiettivi che si era proposto, dimostrando l’opportunità per una nuova generazione di esperimenti con sensibilità ancora più elevata.
È un processo non previsto dal Modello Standard, in cui due neutroni all’interno di un nucleo si trasformano simultaneamente in due protoni e due elettroni senza l’emissione di due antineutrini. La sua rivelazione avrebbe profonde implicazioni per la fisica delle particelle elementari e per la cosmologia: implicherebbe la violazione dell’invarianza del numero leptonico, la natura di Majorana dei neutrini, la possibilità di determinare la massa dei neutrini, mai misurata da nessun altro esperimento, e un importante aiuto alla comprensione del fatto che nell’universo c’è molta più materia che antimateria.
La storia della ricerca del doppio decadimento beta senza neutrini inizia proprio con un rivelatore a germanio di soli 0,1 kg scelto dal gruppo di ricerca della Sezione INFN e dell’Università di Milano, guidato da Ettore Fiorini, per la sua eccellente risoluzione energetica. Da allora la sensibilità sperimentale è aumentata di un fattore un milione. Essenziali in questo progresso sono stati il continuo aumento della massa dei rivelatori, la forte riduzione degli eventi di fondo nella regione dove ci si aspetta il segnale, l’ottimizzazione delle installazioni sotterranee per ridurre il fondo dovuto ai raggi cosmici, e l’arricchimento dei rivelatori nell’isotopo 76 del germanio dalla frazione naturale del 7,8% a circa il 90%.
L’esperimento GERDA ha iniziato a funzionare nel 2011 nelle sale sperimentali sotterranee dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, che proteggono l’esperimento dai raggi cosmici grazie allo strato di roccia sovrastante di circa 1.400 metri, equivalente a uno spessore di 3500 metri di acqua. Nella configurazione finale dell’esperimento, sono stati impiegati 41 rivelatori al germanio per una massa totale di 44,2 kg con un arricchimento di circa l’87% nell’isotopo 76. La chiave del successo è stato l’impiego di tecniche pionieristiche: differentemente dai precedenti esperimenti al germanio, i rivelatori di GERDA sono fatti funzionare “nudi”, cioè senza il loro incapsulamento, entro un criostato contenete argon liquido ultrapuro alla temperatura di 87 gradi Kelvin, che agisce sia come mezzo di raffreddamento, sia come schermatura dagli eventi di fondo. Questa configurazione, riducendo la quantità di materia attorno ai rivelatori, aiuta a minimizzare la radioattività naturale. La soppressione attiva del fondo si avvale di due tecniche complementari. Da una parte nell’argon liquido sono stati posti dei rivelatori di luce che possono indicare se un segnale nei rivelatori a germanio proviene dal fondo radioattivo naturale, dall’altra lo studio del profilo temporale dei segnali raccolti dai rivelatori permette di discriminare ulteriormente tra eventi di fondo e di segnale. Infine, rivelatori e criostato sono immersi in un contenitore di acqua ultrapura come ulteriore schermo contro fotoni, neutroni e muoni. Durante gli anni di funzionamento dell’apparato, la collaborazione GERDA ha sviluppato rivelatori di disegno nuovo e tecniche di analisi innovative per poter sfruttare al meglio le potenzialità dell’apparato.
L’esperienza guadagnata in GERDA porta a ritenere che si possa ridurre ulteriormente il livello di fondo, in modo da poter progettare un esperimento con una massa di germanio ben più elevata e capace di ridurre gli eventi indesiderati a tal punto che, per l’intera presa dati, lunga parecchi anni, non si dovrebbe registrare alcun evento di fondo nell’intervallo di ricerca fissato dalla risoluzione energetica dei rivelatori. Il futuro esperimento LEGEND ha appunto lo scopo di aumentare la sensibilità sul tempo di dimezzamento del decadimento doppio decadimento beta senza neutrini fino a 1028 anni. In una prima fase, chiamata LEGEND-200, nella stessa infrastruttura di GERDA, verranno impiegati 200 kg di rivelatori a germanio.