La rivista scientifica “Science Advances” pubblica un importante risultato dell’esperimento DAMPE, in orbita intorno alla Terra dal dicembre 2015. Si tratta della misura diretta del flusso di protoni cosmici fino a energie elevatissime, dell’ordine di 100 TeV.

I protoni sono la componente principale dei raggi cosmici e fino ad oggi nessun apparato aveva mai misurato direttamente l’intensità del loro flusso con tale accuratezza a energie così elevate. In particolare, DAMPE ha rilevato un comportamento inatteso: il flusso dei protoni, che diminuisce continuamente con l’aumentare delle energie, a circa 10 TeV presenta un’attenuazione molto più marcata del previsto. Altri esperimenti avevano esplorato questa regione energetica ma con risultati molto meno precisi dovuti a incertezze sia statistiche sia sistematiche.

DAMPE è stato lanciato in orbita nel dicembre 2015 dall’Agenzia spaziale cinese a bordo del vettore Long March 2D con l’obiettivo scientifico di cercare la sfuggente materia oscura studiando le astroparticelle di alte energie, in particolare il flusso di raggi cosmici che giungono incessantemente sul nostro pianeta. L’esperimento è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – con le sezioni di Perugia, Bari e Lecce e il GSSI -, la Chinese Academy of Sciences, le Università di Perugia, Bari e del Salento, e l’Università di Ginevra. La collaborazione è guidata dal Purple Mountain Observatory di Nanjing. Nella collaborazione DAMPE lavorano oltre 100 tra scienziati, tecnici e dottorandi.

“Questa osservazione fornisce preziose informazioni sull’origine dei raggi cosmici e sui loro processi di accelerazione e propagazione nella nostra galassia”, spiega Piergiorgio Fusco dell’Università e della Sezione INFN di Bari. “Tali meccanismi”, aggiunge Ivan De Mitri, del Gran Sasso Science Institute e dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, “riescono ad accelerare particelle cariche sino ad energie molto maggiori di quelle raggiunte dai più potenti acceleratori costruiti dall’uomo, ma sono ancora poco noti e sono attualmente studiati con apparati nello spazio, al suolo, sotto il ghiaccio del polo sud e nelle profondità marine”.

DAMPE, che è in grado di misurare con grande precisione la direzione di arrivo delle particelle e dei fotoni cosmici e di distinguere le specie nucleari che compongono i raggi cosmici, ha già ottenuto altri importanti risultati, come la scoperta di una repentina diminuzione del flusso di elettroni e positroni cosmici a circa 1 TeV e la misura diretta della distribuzione dei nuclei cosmici dall’elio al nichel.

“Tutte queste misure”, spiega Paolo Bernardini dell’Università del Salento e della sezione INFN di Lecce, responsabile del gruppo di analisi, “costituiscono nuovi tasselli che vanno a inserirsi nel complesso e ancora incompleto quadro della conoscenza della radiazione cosmica, fornendo indicazioni per comprenderne l’origine e i meccanismi di propagazione. Inoltre, le osservazioni di DAMPE sono fondamentali nella ricerca di particelle provenienti dalla materia oscura che si ipotizza pervada la galassia e nello studio delle sorgenti di raggi gamma galattiche ed extragalattiche”.

DAMPE è un satellite per la ricerca scientifica in orbita intorno alla Terra dal 2015. Uno dei componenti chiave dell’esperimento è il suo rivelatore, chiamato tracciatore, il cui compito è ricostruire la direzione di arrivo dei raggi cosmici. Costituito da strisce di silicio e fogli di tungsteno, il tracciatore è stato realizzato in Italia con il coordinamento dell’INFN di Perugia. L’esperimento ha un peso di 1.400 kg mentre tutto il satellite pesa circa 1900 kg. Un altro importante componente è il calorimetro a cristalli di germanato di bismuto, che ha il compito di misurare l’energia dei raggi cosmici ed è stato realizzato con una tecnologia che consente di ottenere una risoluzione migliore rispetto a tutti gli altri esperimenti nello spazio. L’apparato ha nella parte superiore due strati di scintillatori plastici che emettono luce al passaggio delle particelle consentendo di misurarne con elevata precisione la carica elettrica. Nella parte inferiore è posto un rivelatore di neutroni che migliora la capacità dell’esperimento nel distinguere eventi dovuti all’arrivo di fotoni ed elettroni da quelli dovuti all’interazione di protoni e nuclei. Il contributo italiano alla realizzazione e alla conduzione dell’esperimento è stato determinante. Gli scienziati italiani hanno collaborato con i colleghi cinesi e svizzeri nella progettazione, costruzione e messa a punto dell’apparato, hanno coordinato i test dei rivelatori sia in laboratorio sia su fasci di protoni, elettroni e ioni presso gli acceleratori del CERN a Ginevra, hanno contribuito alla scrittura dei software di analisi e di simulazione e sono impegnati nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati.

(Immagine: Dampe collaboration)

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