Il quadro congiunturale è rapidamente peggiorato nelle ultime settimane. Nel momento in cui si intravedeva una possibile normalizzazione dell’economia, legata ad una fase meno emergenziale della pandemia, l’avvio della guerra in Ucraina ha riacutizzato le incertezze e il conseguente peggioramento delle prospettive inflazionistiche ha una natura per niente transitoria. Bisogna, dunque, attrezzarsi a fronteggiare una fase di forte decelerazione dell’attività economica.
Sotto il profilo dell’analisi congiunturale è opportuno distinguere gli effetti depressivi che prescindono dagli effetti del conflitto, essendo preesistenti, da quelli derivanti dalla crisi Russo-Ucraina, che enfatizzano e sclerotizzano tensioni sulle materie prime energetiche e non, impattando tanto sul profilo delle quotazioni quanto sulla fluidità degli approvvigionamenti.
Nel confronto con febbraio 2021, l’ICC registra, comunque, una variazione positiva del 5,1%, frutto di una crescita del 27,7% per i servizi e di un calo dello 0,8% per i beni. Rispetto allo stesso mese del 2020 la domanda, nel complesso, è ancora inferiore del 10,2% e per molti servizi la distanza percentuale è ancora molto elevata, con tempi di recupero spostati al 2023.
In termini congiunturali destagionalizzati, i consumi reali, nella metrica dell’ICC sono in riduzione a gennaio rispetto a dicembre e a febbraio rispetto a gennaio.
A marzo, il PIL, stando alle nostre stime, ha consolidato la tendenza al rallentamento emersa nei mesi precedenti, con una riduzione dell’1,7% congiunturale.
Nel confronto annuo la crescita si dovrebbe attestare all’1,3%, in brusco ridimensionamento rispetto ai periodi precedenti. Nella media del primo trimestre il PIL è stimato in calo del 2,4% congiunturale, dato che porterebbe ad una crescita su base annua del 3,3%.
Non si arresta la tendenza al rialzo dell’inflazione. Secondo le nostre stime, a marzo la variazione dei prezzi al consumo dello 0,6% su febbraio dovrebbe portare ad un incremento, su base annua, del 6,1%.
Se i prodotti energetici guidano la graduatoria degli aumenti, le tensioni si vanno ormai diffondendo a molti segmenti dei consumi, primo tra tutti l’alimentare.
A gennaio 2022 la produzione industriale ha mostrato un brusco ridimensionamento su dicembre, confermando la tendenza al ribasso già evidenziata dalla fine dello scorso anno. Il confronto su base annua registra una contrazione del 2,2%. Nello stesso mese l’occupazione ha ribadito la tendenza alla stabilizzazione, consolidando i timori di un esaurimento della fase di recupero.
I segnali di un’evoluzione più contenuta della domanda e l’accelerazione dell’inflazione hanno determinato, a febbraio 2022, un ulteriore deterioramento del sentiment degli imprenditori del commercio al dettaglio (-1,6% su gennaio). E’ utile ricordare che i dati del mese non riflettono ancora i timori innescati dall’inizio della guerra in Ucraina
La tendenza al rallentamento dell’economia, su cui ha pesato nel primo bimestre del 2022 l’andamento della pandemia e la decisa accelerazione dell’inflazione a cui si sono aggiunti nelle ultime settimane i primi effetti della guerra in Ucraina, si è confermata anche a marzo. Secondo le stime, il PIL dovrebbe registrare nel mese in corso una riduzione dell’1,7% su febbraio. Nel confronto annuo la variazione si attesterebbe all’1,3%, in netto ridimensionamento rispetto alla fine del 2021. Nella media del primo trimestre il PIL si dovrebbe essere ridotto del 2,4% in termini congiunturali, portando la crescita su base annua al 3,3%. Anche con il pieno ed ottimale sfruttamento delle risorse del PNRR difficilmente si raggiungerà, nella media del 2022, una crescita superiore al 3%.
A febbraio 2022 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio segnala un incremento, su base annua, del 5,1%, confermando la tendenza ad un recupero meno accentuato. Il confronto su base annua continua a risentire delle diverse condizioni in cui hanno operato le imprese nel 2021 e nel 2022. Situazione che ha portato ad una variazione del 27,7% della domanda relativa ai servizi. Per quanto riguarda i beni il confronto, con febbraio 2021, segnala un calo dello 0,8%.
In termini destagionalizzati, dopo il brusco ridimensionamento della domanda registrato a gennaio, anche a febbraio si rileva una contrazione, con un calo su base mensile dell’1,3%, tendenza che ha interessato sia i beni che i servizi.
Nel confronto con febbraio 2020 la domanda calcolata nella metrica dell’ICC risulta ancora inferiore del 10,2%. Per i servizi il calo si attesta al 21,3%.
In un contesto in cui quasi tutti i segmenti di consumo evidenziano una minore dinamicità, i recuperi più significativi, nel confronto con il 2021, si confermano per i servizi legati al turismo e alla fruizione del tempo libero. Per questi settori il deficit rispetto a febbraio 2020 si mantiene, comunque, ingente. Anche per l’abbigliamento e le calzature, nonostante il recupero degli ultimi mesi, i livelli di consumo rimangono distanti da quelli registrati nei primi mesi del 2020.
Decisamente critica si conferma la situazione nel settore dell’automotive con un calo, a febbraio 2022, della domanda di autovetture da parte delle famiglie del 25,9% rispetto allo stesso mese del 2021. Anche per quei comparti, quali elettrodomestici e tv e alimentare, che avevano retto meglio l’urto del calo della domanda nel 2020, i segnali di rallentamento della domanda si stanno facendo più evidenti.