Si possono ideare catalizzatori più efficienti e allo stesso tempo più economici utilizzando singoli atomi di particolari metalli rari ancorati sulla superficie di altri materiali. Lo ha mostrato, con un uno studio teorico-sperimentale pubblicato su “Science”, un gruppo di studiosi della TU Wien, dell’Università di Vienna e dell’Università di Bologna.

Da ormai molti decenni, alcuni metalli come l’oro o il platino vengono usati in diversi processi tecnici e industriali come catalizzatori, cioè come agenti che permettono di accelerare la velocità di una reazione chimica. L’esempio più noto è quello della “marmitta catalitica” che si trova in tutte le moderne automobili: in questo caso nanoparticelle di platino vengono utilizzate per convertire il monossido di carbonio prodotto dal motore in anidride carbonica.

Questi metalli “cataliticamente attivi” sono però spesso rari e quindi molto costosi. Per questo, nel corso del tempo sono state utilizzate nanoparticelle di dimensioni sempre più ridotte. Fino ad arrivare a quella più piccola possibile: l’atomo. Ma i modelli teorici sviluppati in passato per prevedere e studiare il comportamento catalitico dei metalli non possono essere utilizzati per descrivere il comportamento di singoli atomi.

“Nell’ultimo decennio, il campo della catalisi ‘a singolo atomo’ è cresciuto enormemente, ottenendo un grande successo”, spiega Cesare Franchini, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. “A differenza di quanto accade con le particelle o parti più estese di metallo, però, i singoli atomi non condividono elettroni per formare le cosiddette bande elettroniche, che sono la chiave per comprendere una reazione catalitica dal punto di vista quantistico”.

Con un’approfondita analisi teorica, confermata poi in campo sperimentale, gli studiosi hanno quindi messo a punto un nuovo modello, che permette l’utilizzo di singoli atomi di rame, argento, oro, nickel, palladio, platino, rodio e iridio ancorati sulla superficie di materiali di supporto più economici. Un risultato che suggerisce la possibilità di realizzare catalizzatori molto meno costosi e allo stesso tempo più efficienti.

“Il fattore decisivo del modello che abbiamo sviluppato è il coordinamento locale degli atomi, in particolare le piccole variazioni strutturali su scala atomica che influenzano direttamente lo scambio di carica elettronica durante la reazione chimica”, dice Franchini. “Se le condizioni locali su scala atomica vengono scelte correttamente, si possono sviluppare catalizzatori migliori e allo stesso tempo risparmiare risorse e costi”.

Un risultato che potrebbe trovare applicazioni in diversi importanti settori produttivi e industriali, offrendo un contributo importante per lo sviluppo di un’economia sostenibile e l’utilizzo di energie rinnovabili.

Lo studio è stato pubblicato su “Science” con il titolo “Unraveling CO adsorption on model single-atom catalysts”. A guidare la ricerca è stato il gruppo sperimentale di scienza delle superfici della TU Wien guidato da Gareth Parkinson, in collaborazione con il gruppo computazionale dell’Università di Vienna guidato da Matthias Meier. Per l’Università di Bologna ha partecipato Cesare Franchini del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi”.

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