L’Europa in questa drammatica crisi ha saputo guardare oltre superando rigidità ed egoismi, ritrovando la sua anima e rinnovando la sua missione. La sfida che ci attende richiede che vengano mobilitate energie economiche, tecnologiche, istituzionali, politiche, sociali. E culturali: in questa direzione va anche il progetto della presidente della Commissione Ursula von der Leyen di dare vita ad una nuova Bauhaus europea per affrontare la crisi climatica. Un progetto su cui l’Italia, col suo primato nel design, ha molto da dire. L’Europa si è mossa e l’Italia deve fare la sua parte. Non è fuori luogo, di fronte ai 209 miliardi che il Recovery Fund assegna all’Italia, ricordare il Piano Marshall: un riferimento che mette in evidenza l’entità della crisi in corso e che può essere di buon auspicio perché a quel piano oggi colleghiamo l’orgoglio di aver saputo mostrare al mondo di che pasta siamo fatti, quali sono i nostri punti di forza. Punti di forza che vediamo dai dati di GreenItaly 2020 che mai come ora possono essere utili al Paese. L’undicesimo rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere misura e pesa la forza della green economy nazionale. La ricerca, con un focus sulla Regione Lombardia, è stata presentata da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e Giuseppe Tripoli, Segretario generale Unioncamere. Ne hanno discusso Giovanni Fosti, presidente Fondazione Cariplo; Antonio Calabrò Responsabile Cultura di Confindustria, Vicepresidente di Assolombarda e Consigliere delegato Fondazione Pirelli; Raffaele Cattaneo Assessore Ambiente Regione Lombardia; Regina De Albertis Presidente giovani Ance. Ha moderato i lavori Paola Pierotti Architetto, giornalista PPAN.
Sono oltre 432 mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito negli ultimi 5 anni in prodotti e tecnologie green. In pratica quasi una su tre: il 31,2% dell’intera imprenditoria extra-agricola. Valore in crescita rispetto al quinquennio 2014-2018, quando erano state 345mila. Nel manifatturiero sono più di una su tre. Il 2019 ha fatto registrare un picco con quasi 300 mila aziende hanno investito sulla sostenibilità e l’efficienza. In questi investimenti fanno la parte del leone l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili insieme al taglio dei consumi di acqua e rifiuti, seguono la riduzione delle sostanze inquinanti e l’aumento dell’utilizzo delle materie seconde.
Tutto questo prima dello shock della pandemia, a cui hanno reagito meglio proprio le imprese più votate al green. Secondo un’indagine svolta da Symbola e Unioncamere nel mese di ottobre 2020 chi è green è più resiliente. Tra le imprese che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità il 16% è riuscito ad aumentare il proprio fatturato, contro il 9% delle imprese non green. Ciò non significa che la crisi non si sia fatta sentire, ma comunque in misura più contenuta: la quota di imprese manifatturiere il cui fatturato è sceso nel 2020 di oltre il 15% è dell’8%, mentre è stata quasi il doppio tra le imprese non eco-investitrici. Il vantaggio competitivo delle imprese eco-investitrici si conferma in un periodo così complesso anche in termini occupazionali e di export. Questo anche perché le aziende eco-investitrici innovano di più, investono maggiormente in R&S e utilizzano o hanno in programma di utilizzare in misura maggiore tecnologie 4.0. Nonostante l’incertezza del quadro futuro, le imprese dimostrano di credere nella sostenibilità ambientale: quasi un quarto del totale conferma eco-investimenti per il periodo 2021-2023.
Dall’indagine emerge chiaramente anche che green e digitale insieme rafforzano la capacità competitiva delle nostre aziende. Le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 nel 2020 hanno visto un incremento di fatturato nel 20% dei casi, quota più elevata del citato 16% del totale delle imprese green e più che doppia rispetto al 9% delle imprese non green.
“La Lombardia può essere alla guida di un’Italia pronta al Recovery Fund – afferma il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci – e la Green Economy è la migliore risposta alla crisi che stiamo attraversando. Un’economia più a misura d’uomo, più civile e gentile, come recita il Manifesto di Assisi, e per questo più resiliente e competitiva che non lasci indietro nessuno, che non lasci solo nessuno. Sprecare l’occasione del Next Generation EU sarebbe per l’Italia un errore gravissimo. Nel Rapporto GreenItaly si coglie una accelerazione verso il green del sistema imprenditoriale italiano. Un’Italia che fa l’Italia ed è la sperimentazione in campo aperto di un paradigma produttivo fatto di cura e valorizzazione dell’ambiente, dei territori e delle comunità, che ci può aiutare ad uscire dalla crisi migliori di come ci siamo entrati. Una occasione che non possiamo perdere senza compromettere il nostro futuro: “È nella crisi – ha scritto Albert Einstein – che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze”.
“Dal Rapporto emergono quattro punti fondamentali”, ha sottolineato il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. “1. La transizione verde è un percorso su cui le imprese italiane si sono già avviate: un quarto di esse, malgrado le avversità di questo periodo, intende investire nella sostenibilità anche nel prossimo triennio. 2. Le imprese della greeneconomy sono più resilienti: nel 2020, hanno registrato perdite di fatturato inferiori alle altre, sono ottimiste più delle altre e ritengono di recuperare entro 1-2 anni i livelli di attività precedenti alla crisi. 3. Le imprese green innovano di più, investono maggiormente in R&S, utilizzano di più le tecnologie 4.0 e privilegiano le competenze 4.0. 4. Le imprese giovanili guardano di più al green: il 47% delle imprese di under 35 ha investito nella greeneconomy nel passato triennio contro il 23% delle altre imprese”.
“In questa fase drammatica emerge con più forza la necessità di una svolta decisa verso una sostenibilità reale, che arrivi a coinvolgere i processi aziendali e produttivi. I dati del nuovo rapporto sulla Greeneconomy – afferma il presidente della Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti – ci dimostrano che questa consapevolezza si sta diffondendo in modo significativo nel nostro territorio, coinvolgendo imprese, istituzioni ed enti non profit nello sviluppo di nuovi modelli di creazione di valore nell’interesse della collettività. Fondazione Cariplo da anni promuove l’economia circolare con molte iniziative nel campo della ricerca, sul territorio e nella diffusione di buone pratiche, costruendo reti di collaborazione stabile su questo tema. Occorre unire gli sforzi di tutti per tenere insieme sviluppo economico, coesione sociale e tutela dell’ambiente: soltanto così potremo generare valore per le nostre persone e contribuire alla crescita delle nostre comunità e del Paese.”
Molte delle imprese italiane, nonostante la crisi prodotta dal Covid-19, non hanno rinunciato a innovare e scommettere sulla sostenibilità ambientale, anzi, alcune hanno deciso di alzare la posta per essere ancora più competitive e resilienti. Il lavoro di queste imprese spinge il Paese verso le frontiere avanzate della sostenibilità.
Siamo infatti il campione europeo nell’economia circolare e nell’efficienza dell’uso delle risorse. L’Italia, ci dice Eurostat, è in assoluto il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: 79%, il doppio rispetto alla media europea e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei. Non solo. Complessivamente, la sostituzione di materia seconda nell’economia italiana comporta un risparmio potenziale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate di CO2. Si tratta di valori equivalenti al 14,6 % della domanda interna di energia e al 14,8% delle emissioni climalteranti.
Per ogni chilogrammo di risorsa consumata, l’Italia genera 3,6 euro di PIL, contro una media europea di 2,3 euro e valori di 2,5 della Germania o di 2,9 della Francia. Produciamo meno rifiuti: 42,3 milioni di tonnellate per ogni milione di euro, contro il 58,9 della media dei grandi Paesi Ue. L’economia circolare diventa mainstream e tutti i settori ricorrono in maniera più consistente a materiale di recupero, anche nelle produzioni di fascia alta. L’industria italiana del legno arredo è infatti prima in Europa in economia circolare: il 93% dei pannelli truciolari prodotti in Italia è fatto di legno riciclato.
Con il taglio record del 20% sull’uso dei pesticidi l’agricoltura italiana si conferma la più green d’Europa, a fronte di un trend opposto in Francia e Germania. Siamo il primo Paese europeo per numero di aziende agricole impegnate nel biologico dove sono saliti a ben a 80.643 gli operatori coinvolti. Crescita trainata anche dal mercato interno, che persino durante il lockdown ha mostrato un incremento dell’11% delle vendite di prodotti bio nei supermercati. L’Italia ha poi il primato comunitario di giovani e donne in agricoltura.
L’Italia è uno dei campioni mondiali nel campo della chimica verde e sostenibile e delle bioplastiche, soprattutto per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione, grazie ad alcuni tra i leader globali che guidano i progressi del settore. E i prodotti di questa nuova chimica sono utilizzati dalle imprese di filiera sempre più numerose, dall’agroalimentare al tessile. Proprio il nostro settore tessile guida la conversione sostenibile della moda: nelle fibre e, appunto, nell’uso di prodotti chimici più sostenibili.
Nel 2018 il numero dei green jobs in Italia ha superato la soglia dei 3 milioni: 3.100.000 unità, il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva. L’occupazione green nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100 mila unità, con un incremento del +3,4% rispetto al +0,5% delle altre figure professionali. La green economy è anche una questione anagrafica. Una importante spinta al nostro sistema manifatturiero verso la sostenibilità ambientale, infatti, è impressa dai giovani imprenditori: tra le imprese guidate da under 35, il 47% ha fatto eco-investimenti, contro il 23 delle over 35. Green economy significa anche cura sociale: il 56% delle imprese green sono imprese coesive, che investono cioè nel benessere economico e sociale dei propri lavoratori e della comunità di appartenenza relazionandosi con gli attori del territorio; tra le imprese che non fanno investimenti green, invece, le coesive sono il 48%.
Con 77.691 imprese, la Lombardia è al primo posto in Italia nella graduatoria regionale per numero assoluto di aziende che hanno investito, o investiranno entro l’anno, in tecnologie green. Passando dal livello regionale a quello provinciale, è Milano con le sue 30.902 imprese green la provincia più virtuosa della Lombardia. Seconda Brescia con 10.201 imprese, il terzo gradino del podio è occupato da Bergamo a quota 8.095. Seguono Monza e Brianza con 5.932 e Varese con 5.867; poi Como con 4.251; Pavia con 2801; Mantova con 2691; Lecco con 2403; Cremona con 1921; Sondrio con 1383 e infine Lodi con 1244. L’ottimo risultato della provincia di Milano è confermato anche su scala nazionale: Milano è al primo posto in Italia nella graduatoria provinciale per numero di imprese green. Ma i primati della regione non si fermano qui: con 137.097 contratti stipulati a green jobs dalle imprese per il 2019, la Lombardia è al vertice anche della graduatoria regionale per numero di contratti stipulati o programmati entro l’anno. Un primato nazionale che vanta anche Milano, con le sue 74.062 mila attivazioni di contratti a green jobs previste a livello provinciale, il 14,2% del totale nazionale.