Un nuovo metodo per valutare le tecnologie energetiche presenti sul territorio nazionale e che individua le politiche più efficaci per la transizione verso un sistema produttivo nazionale low carbon.
Questo l’oggetto dello studio dal titolo “Valutazione dello stato e del potenziale di sviluppo delle tecnologie energetiche nel percorso di decarbonizzazione dei sistemi produttivi e dei servizi”, che sarà presentato a Roma il prossimo 30 gennaio presso la sede legale dell’ENEA.

Questa metodologia di valutazione del potenziale di sviluppo delle tecnologie energetiche prende in considerazione il loro impatto sul clima, le potenzialità in termini di attività R&S, la competitività delle imprese italiane e la  loro diffusione e impatto sul territorio nazionale.  A tal fine sono confrontati dati come il livello di maturità tecnologica TRL, le emissioni di CO2 evitate e il loro impiego all’interno di imprese e centri di eccellenza, suddivisi per diffusione territoriale, dimensione e fatturato.

“I risultati mostrano per alcune tecnologie un certo grado di penetrazione sul mercato interessando diversi settori industriali. Ci riferiamo in questo caso a eolico, idroelettrico e solare termico tra le fonti rinnovabili e alle pompe di calore per aumentare l’efficienza energetica degli edifici. Le imprese e i centri di eccellenza sono invece coinvolti nello sviluppo di tecnologie con grado di maturità inferiore, ma con elevate potenzialità di mitigazione degli effetti climalteranti. Tra queste troviamo i sistemi di accumulo sia termico che elettrochimico e chimico e tra le rinnovabili fotovoltaico a concentrazione, solare termodinamico ed energia dalle correnti marine”, spiega la ricercatrice Elena De Luca del Dipartimento Tecnologie Energetiche dell’ENEA.

Il ruolo delle tecnologie energetiche, oltre a essere fondamentale nel mitigare gli impatti sul clima, sugli ecosistemi e sulla salute, ha ricadute importanti nel contesto economico e sociale.

“La mappatura, a livello regionale, delle unità locali delle imprese e dei centri di eccellenza mostra una ripartizione non sempre sovrapponibile. Le prime infatti hanno una maggiore concentrazione a Nord mentre i centri di eccellenza mostrano una distribuzione più uniforme. Questo suggerisce che, accanto al potenziamento delle reti e delle infrastrutture, il rafforzamento delle iniziative volte al rasferimento tecnologico potrebbe contribuire a una crescita più omogenea dei territori”, continua De Luca.

L’Italia, che pure ha raggiunto la quota energetica da fonti rinnovabili sui consumi finali prevista dall’Unione europea, grazie al sistema degli incentivi, non ha al contempo rafforzato la produzione nazionale di alcune delle tecnologie adottate. Questo ha portato ad un incremento dell’importazione di componenti e sistemi, come ad esempio i pannelli fotovoltaici, prodotti all’estero con un conseguente costo elevato da sostenere.

Le ricadute sociali e occupazionali rappresenteranno un ulteriore parametro per valutare nel prossimo futuro la sostenibilità di scelte tecnologiche specifiche che nel medio e lungo periodo potranno indirizzare le politiche per il settore energetico, così come sarà importante determinare il livello di specializzazione raggiunto dal Paese rispetto al contesto internazionale.

“Un prossimo importante passo verso un’economia a basse emissioni di carbonio potrebbe essere la creazione di un osservatorio permanente che consenta di avere una valutazione continuativa e capillare su tutto il territorio”, conclude De Luca.

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